Dopo il disastro di Fukushima la Svizzera aveva rinunciato alla costruzione di nuovi reattori, ma l'interesse politico attorno alle centrali nucleari si è riacceso in molti Paesi, complice la situazione sul mercato dell'energia. E anche in Svizzera c'è chi non ha mai smesso di crederci, come Annalisa Manera, professoressa di ingegneria nucleare al Politecnico di Zurigo.
Manera non si stupisce del rinato interesse nell'atomo, dato che una serie di eventi negli ultimi anni ha messo in evidenza l'importanza di una produzione di energia indipendente da eventi meteorologici o importazioni. Se per far funzionare un reattore bisogna importare l'uranio, anche per l'eolico bisogna comprare le pale, mentre per il solare la situazione è ancora più problematica, con oltre il 90% dei pannelli al silicio che sono prodotti in Cina.
La professoressa sottolinea anche che i reattori di terza generazione hanno fatto dei grandi passi avanti dal punto di vista della sicurezza e sono progettati in modo che qualsiasi cosa succeda all'interno dell'impianto resti al suo interno, scongiurando fughe radioattive.
L'energia nucleare non è però una soluzione a breve termine, perché la costruzione di una centrale richiede almeno 8 anni, e la scelta se tornare a usarla sarà comunque nelle mani della politica e non dei ricercatori.