Svizzera

L’astensionismo? Non ha soluzioni semplici

Domenica la partecipazione al voto è stata attorno al 45%. Come mai non c’è stata mobilitazione maggiore per temi che ci toccano tutti da vicino: le case, la salute e le strade? L’analisi dell’esperto

  • 3 ore fa
06:57

Votazioni federali, l'analisi

Telegiornale 25.11.2024, 20:00

Di: Telegiornale/M. Ang. 

Quelle di domenica sono state 4 votazioni federali che hanno chiuso un anno elettorale particolarmente intenso per la Svizzera. Le elettrici e gli elettori sono stati chiamati in causa su più dossier, spesso anche parecchio complicati. Nel 2024 ci sono state 12 votazioni federali. Poi 75 nei cantoni sui temi più disparati. A queste si aggiungono elezioni per i governi e parlamenti in oltre un quarto dei cantoni. Tanto che oggi qualcuno parla di stanchezza elettorale e cerca delle soluzioni per non travolgere i cittadini con troppa democrazia. Il Telegiornale ha intervistato Oscar Mazzoleni, politologo e professore all’Università di Losanna.

Gli svizzeri sono molto sollecitati però spesso il dato sulla partecipazione tradisce disaffezione o forse poco interesse per i temi che sono posti in votazione. Domenica la partecipazione era attorno al 45%, come mai non c’è stata mobilitazione maggiore per temi che poi ci toccano tutti molto da vicino: le case, la salute e le strade?

“Questi tassi non devono stupirci. La media storica degli ultimi decenni nei referendum, nelle iniziative popolari, è più vicina al 45% che non al 58% (il dato in occasione del voto sulla 13ma AVS, ndr). E poi possiamo aggiungere che sempre i temi di votazione toccano i cittadini in modo indiretto e poi occorre riconoscere che ci sono dei temi più tecnici di altri, temi tecnici che alle volte vengono in qualche modo semplificati nella campagna, che li può rendere più semplici o non così semplici. E questo sicuramente ha a che fare con la capacità di mobilitazione dei partiti, anzitutto, di sinistra e di destra. Quando ci sono i comitati, le associazioni di categoria, che hanno un ruolo preminente nella campagna spesso è più difficile far passare il messaggio, perché non si riesce a semplificare e rendere in qualche modo il tema dentro le classiche divisioni sinistra-destra. E questo è un po’ quello che è capitato, per molti versi, nell’ultima tornata di votazioni”.

Le chiedo cosa potrebbe essere allora rivisto o riformulato per avvicinare di più i cittadini alle votazioni?

“Anzitutto ricordiamoci che la democrazia referendaria elvetica è nata prima dei social e anche prima della televisione e di tanti mezzi di informazione che oggi abbiamo, che producono anche un effetto cacofonico nell’informazione. La democrazia è nata all’epoca dei giornali, che avevano quasi il monopolio della formazione dell’opinione. Oggi occorre quindi riflettere a fondo sui cambiamenti strutturali. Penso in particolare al futuro dei mezzi di informazione e penso anche alla questione dell’educazione alla cittadinanza, perché la formazione dell’opinione, il desiderio di andare a votare, il sentimento di andare a votare come dovere civico, è anche il frutto di un ruolo importante che devono avere la famiglia, la scuola, la società, nel promuovere questo tipo di cittadino attivo. E questi sono cambiamenti strutturali, di cui dovremo tener conto”.

Professore giustamente lei ci ricordava che il 45% di ieri, il tasso di partecipazione, non è dissimile da quello di molte altre votazioni nel passato recente. Però perché l’astensionismo preoccupa così tanto? Preoccupa la politica però preoccupa anche chi si occupa professionalmente poi di dar conto di queste votazioni, come mai?

“È una preoccupazione ciclica che però non trova soluzioni semplici. Ricordiamo che in una democrazia liberale il voto è un diritto ma la partecipazione è facoltativa. Lo Stato non obbliga a partecipare ed è questo un punto di partenza importante. E poi c’è chiaramente una preoccupazione che potremmo chiamare preoccupazione morale prescrittiva: sostanzialmente considera la partecipazione al voto come un termometro della qualità della democrazia e della sua salute. E accanto a questa c’è, in un certo senso, una preoccupazione strumentale, soprattutto di coloro che di fronte ai risultati dello scrutinio sono usciti perdenti e reputano che la scarsa mobilitazione è stata in qualche modo la ragione principale di questa sconfitta. Rendiamoci conto che il tema della preoccupazione nei confronti della scarsa partecipazione è ricorrente, fa parte anch’essa in un certo senso delle preoccupazioni sul futuro della democrazia, che non è mai scontata”.                

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