La mobilitazione degli studenti a sostegno dei palestinesi e contro la guerra a Gaza, iniziata nelle università statunitensi, si è ormai estesa a diversi Paesi, Svizzera compresa. Nella Confederazione la protesta studentesca, dopo avere preso il via all’ateneo di Losanna, ha raggiunto anche altre università, da Zurigo a Ginevra.
Gli studenti chiedono uno stop alle collaborazioni accademiche con Israele. Ma quali sono dunque i legami che gli istituti elvetici hanno con partner israeliani? In seno all’Università della Svizzera italiana (USI) si tratta al momento di cinque progetti, di cui due arrivano dal Fondo nazionale della ricerca svizzero e tre sono dei fondi europei, come spiega a SEIDISERA la rettrice Luisa Lambertini. Si va dalla medicina all’archeologia, passando dal cloud computing.
Le facoltà coinvolte a Lugano nello sviluppo comune di questi progetti sono scienze biomediche, comunicazione, cultura e società, e teologia. Oltre alla facoltà di scienze informatiche per il cloud computing. La rettrice, anche per questo ambito un po’ più sensibile, si dice tranquilla ed esclude legami con l’industria degli armamenti: “Sono progetti fatti su ricerche specifiche, non legate all’industria degli armamenti, come nemmeno a istituzioni governative”.
E sottolinea l’importanza che il dialogo accademico fra l’USI e le istituzioni in Israele continui, ma restando vigili, affinché non vengano supportate attività che siano direttamente collegate con quanto avviene a Gaza. “Dobbiamo stare sempre all’erta, come abbiamo già fatto nel caso dell’invasione dell’Ucraina: sono stati tagliati i legami con le istituzioni che supportavano direttamente questa azione militare”.
L’USI, afferma ancora la rettrice Lambertini, condivide punto per punto la posizione di SwissUniversities, in cui viene ribadito, tra le altre cose, che le università elvetiche sono impegnate nella libertà di ricerca e di insegnamento.
USI e le collaborazioni con Israele
SEIDISERA 08.05.2024, 18:10
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Le numerose collaborazioni dei ricercatori del Politecnico di Zurigo
Guardando oltre San Gottardo, qual è la situazione al Politecnico federale di Zurigo (ETH)? A livello istituzionale - ci fanno sapere dall’ufficio comunicazione - si conta un Memorandum d’intesa con una sola istituzione israeliana: il Weizmann Institute of Science. Ed è in quest’ambito che sono in corso tre progetti di ricerca che termineranno alla fine dell’ottobre 2024. “Al momento non sono previsti ulteriori concorsi” afferma il portavoce Markus Gross.
Al livello dei ricercatori ETH sono numerose le collaborazioni con membri di istituzioni israeliane, “come è prassi comune nella ricerca internazionale”. E qui i numeri sono ben diversi rispetto all’USI: soltanto per gli anni 2023 e 2024 si contano per ora oltre 200 pubblicazioni scientifiche in cui figura un co-autore legato a un’istituzione israeliana. Per quanto riguarda i temi di ricerca ed eventuali partner, sottolinea ancora il nostro interlocutore, le singole cattedre hanno libertà di scelta.
Fatto sta che, in linea di principio, il Politecnico federale di Zurigo, svolge attività di ricerca per il settore civile. Tuttavia, a seconda dell’ambito, i risultati possono essere adatti anche all’uso militare. “Negli ultimi due anni - fa comunque sapere Gross - con i partner israeliani non ci sono stati progetti di ricerca con beni ‘dual use’ che richiedevano un’autorizzazione della SECO”, cioè quei beni che possono essere utilizzati sia a scopo civile sia militare.
Tra ricerca e mobilità
Per la Romandia, volgiamo lo sguardo innanzitutto all’Università di Losanna (UNIL), dove lo scorso giovedì è partita la protesta elvetica. L’ateneo spiega, in un comunicato stampa, che collabora con l’Ashkelon Academic College e con l’Università ebraica di Gerusalemme. Si tratta di accordi che consentono a studenti e docenti di partecipare a programmi di mobilità in settori quali le scienze sociali e la teologia. Allo stesso tempo, l’UNIL gestisce anche sei programmi di ricerca. Tuttavia l’istituzione vodese sottolinea che nessuna di queste collaborazioni ha un legame con l’industria degli armamenti. E ritiene che non ci sia motivo di interrompere queste relazioni.
L’Università di Ginevra (UNIGE) ha adottato la stessa posizione dell’UNIL. Non interromperà questi partenariati, in particolare i progetti di ricerca nel campo della medicina. “Queste ricerche possono riguardare i problemi di salute mentale, la resistenza agli antibiotici o le varianti Covid. Hanno un impatto reale. Inoltre, sono finanziate dalla Commissione europea o dalla Swiss National Science Foundation, non dalle università israeliane” spiega Marco Cattaneo, direttore della comunicazione dell’UNIGE, citato da RTS. “Rimaniamo attenti alle condizioni etiche e allo scopo della ricerca che stiamo conducendo nel caso di Paesi con cui collaboriamo regolarmente, come la Cina” aggiunge.
All’interno del Politecnico federale di Losanna (EPFL) si sono levate alcune voci per denunciare la partnership e i programmi di ricerca con l’istituto tecnologico israeliano Technion, che forma ingegneri in una vasta gamma di settori, tra cui la difesa. Anche in questo caso, però, il Politecnico federale si oppone a qualsiasi boicottaggio accademico.
Movimenti studenteschi, chi sono?
SEIDISERA 08.05.2024, 18:13
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ETH, sgomberati gli occupanti pro-Palestina
Telegiornale 07.05.2024, 20:00