Lo storico Sacha Zala dirige il Centro di ricerca sui documenti diplomatici svizzeri ed è docente di storia svizzera e storia moderna all’Università di Berna. A lui SEIDISERA si è rivolto per commentare le nuove accuse contro Credit Suisse, che vengono dagli Stati Uniti: la banca avrebbe nascosto, già negli anni 90, informazioni su conti bancari riconducibili a gerarchi nazisti.
“È un altro capitolo rispetto a quello dei fondi in giacenza, per il quale era stata trovata una soluzione politica pagando l’indennizzo miliardario nel 1998” , afferma Zala e spiega: “Bisogna fare una distinzione fra tre livelli assai diversi. Il primo è quello giuridico, che è molto imprevedibile, specialmente con le leggi USA. Poi c’è il livello storiografico: negli ultimi 10-15 anni le storiche e gli storici svizzeri hanno scritto lavori molto interessanti sull’uso della piazza finanziaria da parte di gerarchi nazionalsocialisti, ma anche di come questi siano stati aiutati a ricostruirsi una vita in America Latina, eccetera. Secondo me, le nuove accuse non porteranno a grosse conoscenze in più rispetto a quanto la storiografia già ha messo in luce”.
E poi, continua Zala, “c’è il livello che mi sta molto a cuore, quello normativo: allo stato attuale, secondo le leggi svizzere, non c’è un obbligo di archiviazione per l’industria privata. Quindi nella maggioranza dei casi le imprese, anche le banche, possono distruggere i documenti dopo dieci anni. Qui, effettivamente, secondo me, il Parlamento deve trovare delle soluzioni”.
“Grazie alla buona volontà, tante imprese svizzere fanno un ottimo lavoro di archiviazione. Penso per esempio agli archivi di Nestlé che sono importantissimi per studiare come l’industria svizzera si sia espansa nel mondo. Di fatto però non c’è nessun obbligo legale e questo fa sì che più certe ditte svizzere si sentono minacciate dalla propria storia, più c’è il rischio che questi archivi non vengano neanche creati e che dunque non sia neanche più possibile poi un giorno fare la storia. Questo diventa tanto più drammatico quando, come nel caso del Credit Suisse, sono imprese che sono state salvate con denaro pubblico. Le banche, con l’argomento del segreto bancario, hanno potuto bloccare ogni tipo di ricerca storica”.
Professor Zala, l’ha stupita questa nuova inchiesta USA?
“No, perché si sa che le banche svizzere non hanno aiutato ricercatori e ricercatrici”.
USA, nuova polemica su Credit Suisse
Telegiornale 05.01.2025, 20:00