Zagabria. L’Embraer E190, con il vessillo rossocrociato sulla coda, plana sulla pista dello scalo “Franjo Tudjman” nella capitale croata. È appena atterrato, proveniente da Zurigo. Non si ferma accanto agli altri aerei. Ma prosegue rullando fino alla zona cargo dell’aeroporto, isolata e ben lontano dal viavai di passeggeri all’ingresso principale.
Nell’area riservata alle merci, accanto al palazzetto di due piani che ospita i servizi di catering, dalla scaletta scendono una ventina di richiedenti asilo espulsi dalla Svizzera. Le polizie di diverse cantoni li avevano ammanettati e prelevati a forza poche ore prima tra Losanna, Ginevra e Berna. Portati a Kloten e imbarcati all’alba su un volo fantasma.
L'arrivo del volo OAW8114 della Helvetic Airways da Zurigo a Zagabria
Il volo speciale e “segreto”
Il volo OAW 8114 della Helvetic Airways non compare tra le partenze da Zurigo. L’elenco delle “departures” comprende invece un regolare volo di linea per Zagabria, alle 11.05 del 19 novembre.
Ma non è quello che stiamo cercando quel giorno. Il volo “segreto” organizzato dalle autorità svizzere attraverso la SEM (Segreteria di Stato della migrazione) sembra non esistere: non lo troviamo nemmeno sullo schermo con l’indicazione degli arrivi (“dolasci”) all’aeroporto di Zagabria.
Il tabellone degli arrivi all'aeroporto di Zagabria. Il volo da Zurigo non compare
Eppure questo volo esiste davvero. È un charter: decolla da Kloten appena una decina di minuti dopo il normale volo di linea Zurigo-Zagabria. E non sfugge ad alcuni dei siti di tracciamento del traffico aereo, dove è difficile rimanere “segreti”: fallisce cosi il tentativo della SEM di “nascondere” uno dei voli usati per le espulsioni forzate dalla Svizzera.
La partenza del volo da Zurigo documentata da un sito di tracciamento del traffico aereo
Alle 12.11 – in perfetto orario - il velivolo noleggiato dalla Confederazione transita davanti a noi, nella zona cargo dell’aeroporto di Zagabria. Qui si trova anche una postazione della polizia di frontiera croata. Un agente – all’esterno dello scalo – tenta di allontanarci. Gli chiediamo se conferma l’arrivo dei richiedenti espulsi dalla Svizzera, ma non risponde.
Un’ora più tardi, li incontriamo: abbandonati a se stessi in un parcheggio della zona cargo dello scalo croato. Scaricati come merci.
Le manette all’alba
Al posto delle valigie hanno borsoni di plastica colorata. Raccontano che sul volo c’erano in tutto una ventina di persone. Questo tipo di velivolo conta 110 posti disponibili. Stando alle loro testimonianze il gruppo comprendeva anche una donna e due bambini. Ciascuno accompagnato da un poliziotto.
Riferiscono di essere stati prelevati forzatamente prima dell’alba in diverse città (Ginevra, Losanna e Berna) e di essere stati ammanettati.
“Stamattina dieci poliziotti sono venuti a prendermi presto, mi hanno messo le manette e mi hanno trascinato…senza spiegarmi il motivo… adesso non so cosa fare…per fortuna c’era un amico ad aiutarmi perché fatico a camminare, ho problemi alla schiena”, ci dice in francese Abdulgafur Canbuldu, un richiedente asilo curdo arrivato in Svizzera dalla Turchia. Claudica vistosamente.
“Perché sono trattato come un criminale? Perché mi hanno messo le manette ai polsi? Non sono un terrorista… sono un essere umano normale”, si chiede – e ci chiede – Osan Ekmen, 25 anni, un altro richiedente asilo curdo dalla Turchia. Non indossa un giubbotto ma solo una felpa col cappuccio calato sulla testa per il freddo.
In passato sono stati documentati casi in cui i richiedenti espulsi vengono ammanettati anche durante il volo. Non in questo caso, stando a quanto ci dicono.
Le loro richieste di asilo sono state respinte dalla Svizzera. La cosiddetta “procedura di Dublino” prevede il respingimento nel primo Paese dell’Unione Europea dove sono state registrate le loro impronte digitali, cioè la Croazia. La loro domanda d’asilo – di conseguenza – risulta registrata qui.
Osan Ekmen, 25 anni, curdo della Turchia, si chiede per quale motivo sia stato ammanettato dalla polizia svizzera durante la procedura di espulsione
L’ipotesi di “grande resistenza”
La procedura amministrativa di espulsione non è un arresto né un provvedimento penale. Ma perché allora le autorità svizzere utilizzano le manette ai polsi di richiedenti? Lo abbiamo chiesto alla SEM, che non ha finora risposto alle domande specifiche della RSI.
Le espulsioni in aereo sono effettuate solo dall’aeroporto di Zurigo. La responsabilità del trasferimento a Kloten è delle polizie cantonali. Come quella di Ginevra, per esempio, che lo scorso 19 novembre ha accompagnato allo scalo zurighese alcuni dei richiedenti asilo poi incontrati in Croazia.
Da noi interpellata, la Polizia ginevrina aveva dapprima accettato un’intervista. Poi l’ha rifiutata, inviando via mail alcune risposte “in coordinamento con la SEM”. E precisando comunque di non poter commentare il caso specifico del volo in questione.
In Svizzera le modalità della coercizione sono regolate da un’ordinanza federale, che prevede quattro livelli. Il quarto e più severo si applica quando “la persona da rimpatriare potrebbe opporre grande resistenza fisica e va rimpatriata con un volo speciale”.
In base a quali criteri si era ritenuto che i richiedenti asilo espulsi lo scorso 19 novembre avrebbero opposto resistenza fisica? L’hanno poi opposta quando gli agenti li hanno prelevati?
La polizia di Ginevra si limita ad affermare che “il comportamento della persona da rimpatriare determina le misure di costrizione, applicate – è scritto – secondo il principio della proporzionalità”.
L’unica compagnia di linea operativa sulla tratta Zurigo-Zagabria offre posti limitati, scrive ancora la polizia ginevrina alla RSI, precisando che per questo motivo la SEM – per i rinvii forzati verso la Croazia - utilizza voli charter, a bordo dei quali viaggiano in media uno o due poliziotti per ogni richiedente asilo respinto.
Charter da capogiro
Quanto ha pagato la Segreteria di Stato della migrazione per il volo dalla Svizzera alla Croazia che abbiamo documentato il 19 novembre 2024?
La SEM, per ora, non ci ha fornito alcuna cifra. Ma fa sapere che per un cosiddetto “volo speciale” - verso uno dei Paesi dell’accordo di Dublino nell’Unione Europea o verso un Paese di origine dei richiedenti – il costo in media è di 14’000 franchi per ogni persona rimpatriata.
Fino al 31 ottobre, sono stati espulsi verso la Croazia circa 320 richiedenti asilo con trenta voli speciali, per una spesa ipotizzabile di oltre 4 milioni di franchi.
Nel 2022 l’Ufficio Federale dell’aviazione civile ha aggiornato il “National Civil Aviation Facilitation Programme”, in base alle nuove normative relative alla Convenzione dell’aviazione civile internazionale. Un apposito capitolo prescrive le modalità di gestione dei rimpatri, a cui anche la Svizzera deve attenersi. Durante il periodo nel quale la persona che deve essere espulsa è sotto la custodia di uno Stato, gli agenti (cantonali, nel caso elvetico), “proteggeranno la dignità della persona in questione e non adotteranno nessuna misura in grado di limitarla”.
Il foglietto consegnato dalla polizia croata ai richiedenti espulsi dalla Svizzera. indica l'indirizzo del centro per richiedenti di Zagabria
Abbandonati in un parcheggio
All’arrivo a Zagabria i richiedenti espulsi dalla Svizzera hanno in mano due pezzi di carta. Il primo, della Confederazione: il divieto di ritorno in territorio svizzero per i prossimi 24 mesi. E poi un’altra comunicazione appena ricevuta dalla polizia croata: non un foglio né un foglietto. Letteralmente, una piccola striscia di carta lunga circa cinque centimetri con la scritta: “Hotel Porin, Zagreb, Sarajevska 41”.
È l’indirizzo di un ex-albergo trasformato nell’unico centro per richiedenti asilo della Croazia, gestito dalla Croce Rossa locale. “Non ci hanno spiegato nulla: ci hanno dato questo pezzetto di carta e ci hanno detto di andare lì”, ci spiega ancora Abdulgafur Canbuldu. Nessuna spiegazione su come raggiungerlo né un biglietto per i mezzi pubblici.
La procedura di espulsione dalla Svizzera con il meccanismo di Dublino termina così: con una striscia minuscola di carta consegnata all’uscita secondaria dell’aeroporto di Zagabria, davanti a un edificio su cui sventola una bandiera dell’Unione Europea.
Schengen e le politiche dell’immigrazione dell’UE si fermano in questo anonimo parcheggio.
Ali Sarkawt entra nel centro per richiedenti asilo di Zagabria, gestito dalla Croce Rossa
L’hotel degli scarafaggi
Il Porin Hotel dista una dozzina di chilometri dall’aeroporto. “Io ho già vissuto in questo centro per richiedenti asilo in passato. Sono in Europa da sette anni, mi hanno rimbalzato da Gran Bretagna, Francia, Italia e adesso dalla Svizzera”. Ali Sarkawt è un richiedente asilo curdo, proviene dall’Iraq. Come negli altri Paesi, anche in Svizzera la sua domanda è stata respinta. E oggi viene riportato alla porta d’ingresso dell’UE. Potrebbe ripartire, visto che non c’è alcun controllo. Ha in mano solo quel foglietto di carta. E addosso ha tanta disillusione. “Sono stanco, chiedo solo una vita normale”. Per ora non l’avrà.
L'interno del centro per richiedenti asilo di Zagabria
Materassi infestati dagli insetti nel centro per richiedenti asilo di Zagabria
All’esterno dell’Hotel Porin, vediamo un addetto della Croce Rossa. Si rivolgono a lui questi quattro richiedenti asilo espulsi dalla Svizzera incontrati al parcheggio dell’aeroporto: Ali, Abdulgafur e Osan, tutti curdi. Con loro anche Ismin Khaled, un 21enne afghano che porta sul volto la fatica di un viaggio durato cinque anni. Da adolescente ha lasciato Kabul alla volta del Pakistan. Poi l’Iran, il lavoro sottopagato in Turchia, la marcia a piedi attraverso i Balcani: Bulgaria, Serbia e i confini europei varcati in Croazia.
Adesso il loro viaggio prosegue, ancora una volta. Tra molta incertezza e una sola sicurezza: le loro condizioni non possono che peggiorare. Tutti e quattro entrano in un edificio già noto per la pessima situazione igienica, in un Paese dove negli anni si sono accumulate centinaia di denunce per i maltrattamenti inflitti dalla polizia croata ai richiedenti asilo.
Poche ore dopo, ci inviano foto che confermano le denunce di numerose ONG, anche svizzere, sul degrado di questa struttura di Zagabria: sporcizia, mozziconi di sigarette ovunque, scarafaggi, materassi infestati da insetti. È la conferma – se ce ne fosse bisogno – che le condizioni per i richiedenti allontanati con la forza in Croazia non sono uguali a quelle in Svizzera.
Non valigie ma borse di plastica. Il viaggio di queste persone non è ancora finito. Prosegue nell'incertezza
L'Hotel Porin di Zagabria ospita i richiedenti asilo. Molte ONG hanno denunciato le condizioni interne di degrado
In attesa di risposte dalla SEM
All’indomani delle testimonianze raccolte in Croazia, abbiamo rivolto 11 domande circostanziate alla SEM relative al volo OAW8114 del 19 novembre 2024 ma non solo.
Tra le altre, sarebbe interessante sapere se gli agenti su quel volo abbiano tutti seguito l’apposita formazione professionale necessaria per effettuare questo tipo di servizi.
E poi, per quale motivo i richiedenti sono stati ammanettati? E in base a quali criteri, la SEM o le rispettive polizie cantonali, ritenevano che i richiedenti avrebbero manifestato “grande resistenza fisica”?
Resta poi da capire se le autorità di Berna siano consapevoli che al loro arrivo a Zagabria i richiedenti respinti dalla Svizzera sono abbandonati a se stessi in un parcheggio senza alcun obbligo di recarsi presso il Centro della Croce Rossa e – potenzialmente – liberi di fare ritorno in Svizzera (malgrado il divieto di ingresso). Ma soprattutto rimane senza risposta una domanda: per la SEM la procedura che abbiamo documentato in Croazia è accettabile?
Rimpatri, le risposte della SEM
Telegiornale 29.12.2024, 20:00