Rinnovo del Consiglio federale

Sarà anche magica, ma non incanta più

La “formula” per la ripartizione dei seggi in Governo è sempre più messa in discussione: focus su limiti e prospettive di questa regola tacita della politica federale

  • 11 dicembre 2023, 05:49
  • 2 gennaio, 11:39
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Il Parlamento procederà dopodomani al rinnovo integrale del Consiglio federale

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Di: Alex Ricordi

Fra un PS che sembra avere tutte le carte in regola per conservare il seggio lasciato da Alain Berset - e un Centro che assicura di non voler estromettere ministri in carica - è prevedibile che il rinnovo del Consiglio federale, mercoledì prossimo, si risolverà nell’ulteriore conferma di una regola tacita ben nota: quindi, a meno di sorprese che sarebbero però davvero clamorose, ancora due UDC, due socialisti, due liberali-radicali e una centrista. Certo, il PLR è uscito dalle Federali piuttosto malconcio e dovrà ora vedersela con un nuovo attacco dei Verdi a uno dei propri seggi. Ma le mire degli ecologisti, dopo una sconfitta alle urne così gravosa come quella dello scorso ottobre, devono ora fare i conti con dinamiche del tutto avverse. Un dato sembra ad ogni modo inequivocabile: la “formula magica” che ha finora retto la composizione del Governo non è forse mai apparsa, come negli ultimi tempi, così sotto pressione.

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Il presidente del Centro Gerhard Pfister: il suo partito non intende attaccare le posizioni del PLR in Governo, ma ha anche lanciato un preciso segnale ai liberali-radicali

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Non poteva andare altrimenti, con un Centro divenuto terza forza nel Parlamento federale: un risultato che, se non ha indotto il partito a pretendere da subito un altro seggio nell’Esecutivo, lo ha comunque portato a mettere in guardia il PLR dalle conseguenze di un suo ulteriore allineamento a destra. E in questo senso i centristi appaiono ben determinati a far valere il loro nuovo peso specifico. Intanto, nel Paese, il dibattito sulla “formula magica” ha fatto segnare un nuovo salto di qualità: si è insomma accentuato il confronto fra gli ambienti che chiedono una revisione della formula e quelli che, invece, ne sostengono ancora la validità.

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Il giuramento del primo Governo, nel dicembre del 1959, strutturato in base alla cosiddetta "formula magica": due seggi assegnati a ciascuna delle prime tre formazioni politiche e uno alla quarta

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Sullo sfondo del dibattito, l’esigenza di sempre: quella di avere, nel segno della concordanza e della trasversalità, una composizione dell’Esecutivo in linea con la forza dei principali partiti. Da quest’ orientamento scaturì, ed era il lontanissimo 1959, quello schema 2+2+2+1 destinato a stabilizzare la politica federale per oltre un quarantennio. Dopo, però, arrivarono scossoni considerevoli. Nel 2003 anzitutto, quando l’elezione di Christoph Blocher sancì per l’allora PPD la perdita del suo secondo seggio nel collegio governativo. E poi, dal 2007: quando a seguito dell’estromissione dello stesso Blocher, e delle divisioni sorte in casa democentrista, fece il suo ingresso in Governo una formazione, il PBD, decisamente minoritaria. Si dovette quindi attendere il 2015, con l’UDC tornata a detenere due mandati, per rivedere una ripartizione dei seggi corrispondente alla realtà delle forze in campo.

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La "formula magica" in crisi aperta: un Christoph Blocher visibilmente contrariato, dopo la sua estromissione dal Governo nel dicembre 2007

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Già da molto tempo, però, una diversificazione del quadro politico sta facendo sentire i suoi effetti. E forse la “formula magica”, introdotta più di 60 anni fa, fatica a stare al passo con gli sviluppi intervenuti nei rapporti di forza fra i partiti. Nel 1999 UDC, PS e PLR avevano tutti una forza elettorale che si attestava intorno ad un quinto dei suffragi. In seguito, però, l’UDC ha sempre più nettamente distanziato gli avversari, arrivando anche a rasentare la soglia del 30% nelle elezioni per il Nazionale. Socialisti e PLR invece, confrontati a più riprese con erosioni di consensi, sono scesi sotto la soglia del 20%.

Ma a sparigliare le carte, sull’onda di una crescente attenzione per i temi ambientalisti, sono stati soprattutto Verdi e Verdi liberali. Il loro percorso è stato scandito, come si è visto negli ultimi 4 anni, sia da grandi exploit che da cocenti delusioni. I due partiti, tuttavia, mantengono pur sempre quote di consensi che, almeno in una certa misura, danno ancora forza alle loro rivendicazioni per un posto nella stanza dei bottoni.

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Verdi e Verdi liberali, benché sconfitti alle ultime elezioni, hanno comunque insieme una forza elettorale pari a oltre un sesto dei suffragi

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Sono, in particolare, proprio le “basi” di queste due formazioni a premere affinché ci sia una nuova ripartizione dei seggi nell’Esecutivo. Ciò è quanto emergeva dagli esiti di un Barometro elettorale SSR, presentati in settembre, secondo i quali, più in generale, era poi il 55% di tutti gli interpellati ad auspicare un cambiamento. Ma la quota dei favorevoli è salita al 69%, come a dire una netta maggioranza, in base ad un sondaggio pubblicato da un portale d’informazione appena una decina di giorni fa. E a sostenere una diversa composizione del Governo, sempre stando a questa inchiesta demoscopica, sono in larghissima misura anche i simpatizzanti dei socialisti e dei centristi.

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Karin Keller-Sutter e Ignazio Cassis si apprestano ad affrontare il rinnovo del Consiglio federale: la questione di un PLR sovrarappresentato in Governo rimane dibattuta

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Da più direzioni, insomma, emerge una voglia di rinnovamento. Ma come potrebbe concretizzarsi, in avvenire? C’è chi reputa che l’ingresso di un ecologista in Governo, vista l’urgenza delle questioni climatiche, assumerà presto o tardi un grado di legittimità ineludibile. Quanto al PLR, fa discutere anche l’ipotesi, avanzata dallo storico Urs Altermatt, di una sua intesa con il Centro in modo che i due partiti possano spartirsi alternativamente 3 seggi secondo un modello a rotazione. Intanto i riflettori restano ben puntati su Verdi e centristi. La candidatura di Gerhard Andrey ha scarsissime possibilità di successo, ma riveste anche un carattere simbolico molto preciso: sottolinea, insomma, che i Verdi non intendono demordere e che la questione di un PLR sovrarappresentato resta sul tappeto. Il Centro invece, se per ora non scalpita, attende anche che a medio termine arrivi il suo momento. I propositi e le mosse dei due partiti saranno quindi uno dei temi dominanti della legislatura appena iniziata; specie nell’eventualità di nuove dimissioni di consiglieri federali. Riprenderà così con ancora maggior vigore il dibattito su una formula che, dopo le buone prove del passato, sta ora mostrando seri limiti.

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