Il Parlamento è formalmente invitato a sbloccare il secondo contributo svizzero al fondo di coesione europeo, pari a 1,3 miliardi di franchi su dieci anni. Oggi, mercoledì, il Consiglio federale ha trasmesso un messaggio in questo senso alle Camere, precisando che compiere questo passo fa parte della sua agenda di politica europea e che in tal modo intende proseguire la via bilaterale.
Il Parlamento aveva già approvato il contributo il 3 dicembre 2019, aggiungendo però una clausola: il versamento diverrà effettivo solo quando l'Unione europea (UE) ritirerà le misure discriminatorie nei suoi confronti, come la mancata proroga dell'equivalenza borsistica. E, soprattutto, se non ne adotterà di nuove. Lo scorso 4 giugno il Governo aveva chiesto alle Camere di revocare tale clausola. Con il contributo di coesione il Governo affermava di voler "sottolineare, in seguito alla decisione di porre fine ai negoziati sull'accordo istituzionale, che la Svizzera rimarrà un partner affidabile dell'UE".
Con una soluzione rapida di questo dossier, il Consiglio federale vuole dare un nuovo impulso alla dinamica nelle relazioni con l'UE dopo la fine dei negoziati su un accordo istituzionale, spiega in una nota. Berna intende avviare un processo che, "nell'ottica del proseguimento della via bilaterale, dovrebbe consentire di realizzare progressi anche in altri dossier con l'UE".
Un rapido versamento è importante anche perché i fondi del credito quadro "coesione" devono essere impegnati entro cinque anni, ossia entro il 3 dicembre 2024, visto che la base giuridica del credito quadro è limitata fino alla fine del 2024, ricorda ancora il Governo. L'esperienza maturata con il primo contributo elvetico, quello all'allargamento, ha mostrato che sono necessari almeno tre anni per impegnare i fondi. Quindi: più tardi verrà sbloccato il secondo credito, meno tempo ci sarà per impegnarli interamente.
ATS/Swing