I magistrati della procura di Milano che indagano sui fondi esteri, già custoditi in Svizzera da Attilio Fontana, non riceveranno le informazioni finanziarie che avevano chiesto al Ticino nell'ambito dell'inchiesta che vede il presidente della Lombardia indagato per autoriciclaggio e falso nella voluntary disclosure per 5,3 milioni di euro depositati su un conto a Lugano, regolarizzati con lo scudo fiscale nel 2015, quando il politico leghista era sindaco di Varese. Le autorità ticinesi, come anticipato dal quotidiano la Repubblica, hanno respinto la richiesta di assistenza a causa di una distinzione giuridica nella legislazione dei due Stati.
La Svizzera concede lo scambio di informazioni con i paesi dell'Unione Europea e gli Stati Uniti, ma unicamente nei casi di frode fiscale e comportamenti analoghi. I fatti oggetto della richiesta di assistenza giudiziaria della procura di Milano, così come presentanti alle autorità elvetiche, risultano invece equivalenti a una sottrazione fiscale nell'ambito delle imposte dirette, ha appreso la RSI. Per il diritto elvetico la sottrazione fiscale è punibile con una semplice contravvenzione. Inoltre per tale fattispecie l'assistenza giudiziaria da parte della Svizzera è esclusa, conformemente agli accordi di collaborazione internazionale.
Gli inquirenti milanesi stanno indagando sul conto luganese di Attilio Fontana dall'estate del 2020. La sua esistenza era emersa nell'ambito delle indagini sulla fornitura alla regione Lombardia di 75'000 camici da parte della Dama srl, l’azienda del cognato del presidente. Quando la trasmissione Report fece emergere il conflitto di interessi, la commessa da mezzo milione di euro venne trasformata in donazione ed Attilio Fontana versò al marito della sorella 250'000 euro partiti dal conto svizzero. Il presidente ha sempre sostenuto che il conto gli era stato lasciato in eredità dalla madre, deceduta nel 2015. La sua firma compare in calce ai documenti dell'autodenuncia fiscale, ma gli inquirenti, sulla base di un'analisi grafologica, sostengono sia falsa.
Il prossimo 18 marzo ci sarà l'udienza preliminare per il cosiddetto "caso camici" che vede il presidente della regione accusato di frode in pubbliche forniture. I pubblici ministeri devono invece ancora stabilire se abbandonare l'inchiesta sui milioni del governatore custoditi all'estero dopo il diniego della documentazione.