“Ho chiesto (ai magistrati, ndr) calma, rispetto, che è anche la parola scelta da Treccani per il 2024, e soprattutto di mettere al centro le istituzioni e non il proprio ego”. La Giustizia ticinese, uscita fortemente ammaccata dal caos al Tribunale penale cantonale, deve riconquistare la fiducia dei cittadini, ma anche rifarsi un’immagine. E allora, come spiega al Quotidiano il direttore del Dipartimento Istituzioni Norman Gobbi, bisognerà “lavorare soprattutto dal punto di vista della comunicazione”.
Nell’intervista alla RSI il consigliere di Stato torna sulla destituzione di due giudici del TPC da parte del Consiglio della Magistratura. Quanto sarà dura riconquistare la fiducia dei cittadini? “L’immagine della Giustizia, sicuramente, ne è danneggiata tutta, anche se parliamo solamente di cinque giudici su un centinaio di magistrati eletti e nominati dal Gran Consiglio. È una minima parte, ma sicuramente la loro visibilità e il loro ruolo istituzionale ha intaccato l’immagine e per ricostruire o riallacciare questo rapporto di fiducia necessaria tra la magistratura e la popolazione si dovrà lavorare”.
Cosa prova nel vedere dei magistrati che litigano senza sembrare consapevoli del loro ruolo istituzionale?
“Mi sono chiesto se questa situazione si fosse presentata all’interno del collegio del Consiglio di Stato. Qualcuno avrebbe chiamato l’attenzione a tenere il pallone basso, ad abbassare i toni e cercare altre soluzioni che non fosse una denuncia penale, tra colleghi, giudici penali”.
Nel 2020 la vicenda dei cinque procuratori pubblici bocciati dal CdM, poi i problemi logistici e adesso il caos al TPC. Per la magistratura ticinese sembra davvero non esserci pace. C’è in tutto questo anche una responsabilità della politica?
“Da un lato c’è la nostra dimensione territoriale. Non abbiamo la possibilità di andare a pescare fuori cantone dei magistrati, come fanno in Svizzera tedesca o in Romandia. Per la politica e il Parlamento dovrebbe essere tema di riflessione l’accesso a questa funzione pubblica rilevante e il modo in cui i magistrati vengono nominati. Spesso dei potenziali bravi candidati rinunciano perché pensano che quel ruolo sia già riservato a un determinato colore o a una determinata persona”.
Un altro momento importante e complicato la votazione sull’acquisto dello stabile EFG. Quanto hanno influito sul voto del 9 giugno i conflitti nati all’interno del tribunale?
“Secondo me, molto meno rispetto a quello che è l’atteggiamento prudente della popolazione ticinese. Il popolo è molto attento quando non vede la necessità. La necessità di trovare una soluzione logistica è invece reale. Non ci sarà una sola Casa della Giustizia, ma ci saranno più Case proprio nell’ottica, speriamo, di poter ottimizzare l’investimento”.
Questa soluzione costerà di più o di meno?
“A parer mio, potenzialmente costerà qualcosina in più. Farà magari contente più strutture. Una sola Casa sarebbe stata magari ideale dal punto di vista funzionale. Saranno magari immobili più anonimi, ma comunque funzionali”.
Parliamo del progetto Polizia ticinese, che ha già sollevato dei dubbi da parte di chi lo ha definito ‘centralizzato e dirigista’. Una critica che però lei respinge.
“Soprattutto perché il gruppo di lavoro è paritetico. Vi è una metà in rappresentanza del Cantone e una metà di Comuni. È poco corretto parlare di un progetto ‘centralizzante e cantonalizzante’. D’altra parte sarà importante suddividere bene i compiti per chiarire le competenze. Ma soprattutto migliorare il servizio alla cittadinanza che deve essere posta al centro quando si parla di sicurezza”.
Per Norman Gobbi è stato un anno difficile anche sul fronte personale. Mi riferisco al caso dell’incidente stradale occorsole in Leventina. Come ha vissuto i mesi dell’inchiesta penale?
“Qualcuno ha detto che la verità non ha paura delle domande. Alle domande non potevo rispondere pubblicamente, se non a quelle del procuratore generale quando mi ha interrogato. L’inchiesta penale ha permesso anche e soprattutto di chiarire il fatto che il sottoscritto non ha influenzato nulla in questa vicenda. Semmai sono stato due volte vittima. Vittima di un incidente che non ho causato io, come riconosciuto dalle assicurazioni, e vittima poi dell’attacco politico anche per il mio doppio ruolo. Quello di consigliere di Stato, ma anche di coordinatore pro tempore della Lega. Questa situazione l’ho vissuta personalmente in maniera molto pesante. Non solo io, ma anche chi mi è vicino”.
Quanto ha dovuto subire, non è anche motivo di riflessione sui toni che il suo movimento usa ogni domenica nei confronti degli altri?
“Diciamo che negli ultimi anni non mi sembra che il Mattino abbia fatto degli attacchi gratuiti su cose non vere. I toni lo sappiamo sono quelli, è nato così e continuerà così fintanto che Lorenzo Quadri è il redattore responsabile. Anche qui penso che si debba parlare di rispetto. L’importante è rispettare le persone soprattutto nell’ambito, mi permetto di dirlo, della sfera privata. Se si può essere attaccati per quello che si fa, per il ruolo istituzionale, si è pronti anche alla critica e anche alla menzogna. Per questioni privati lo si è molto meno, perché si danneggia quello che c’è dietro la corazza”.