Ticino e Grigioni

Ex-Macello: la trama si tinge di nero

La nuova inchiesta continua, ma l’incarto consegnato dalla Polizia cantonale è in parte oscurato - L’ex procuratore: “Nulla di particolarmente sospetto”

  • 1 dicembre 2023, 19:14
  • 20 dicembre 2023, 10:57

Demolizione ex Macello, documentazione secretata

SEIDISERA 01.12.2023, 18:15

  • © Ti-Press / Samuel Golay
Di: SEIDISERA/LP

Si aggiunge un ulteriore capitolo alla vicenda che ruota attorno allo sgombero e alla parziale demolizione dell’ex Macello di Lugano, avvenuti nella notte tra il 29 e il 30 maggio del 2021. Ora tutti gli occhi sono puntati sull’incarto consegnato dalla Polizia cantonale alla Procura nel quadro della seconda inchiesta circa la responsabilità degli eventi accaduti quella sera. Il nodo della faccenda? Parte della documentazione è stata presentata segretata, annerita, come ha riferito ieri (giovedì) il quindicinale Area.

Una censura che desta sospetti? No, secondo l’avvocato ed ex-procuratore pubblico Emanuele Stauffer. “Questa procedura non sta a significare assolutamente nulla in merito al grado di collaborazione delle autorità fra di loro e non può essere visto come qualcosa di particolarmente sospetto”.

Si tratta concretamente di una prassi comune, volta a “contenere dati riservati, confidenziali, legati alle generalità di una persona che potrebbero non essere utili ai fini dell’inchiesta”. Una misura pensata per “preservare il diritto alla privacy di queste persone” spiega sempre l’ex-procuratore. Stando alle informazioni raccolte dal quindicinale, tuttavia, le parti oscurate non riguardano “solo poche parole (ad esempio un’ipotetica fonte confidenziale della polizia), ma parti ben più consistenti”.

La dimensione della censura non sembra però impressionare l’ex-procuratore pubblico. “Il fatto di ricorrere a questa procedura specifica non può e non deve destare alcun tipo di reazione negativa da parte degli inquirenti: il problema di fondo è il motivo per il quale si chiede la messa sotto suggello di materiale”. Motivi che, per il momento, rimangono oscuri come le parti del contendere odierno.

Il procuratore generale Andrea Pagani, a capo dell’inchiesta, si è rivolto al GPC (il Giudice dei provvedimenti coercitivi) per richiedere l’accesso alle sezioni censurate.

Ritornando sui fatti       

Era la notte tra il 29 e il 30 maggio 2021 quando la polizia fece capolino al Molino, il centro sociale autogestito di Lugano. I fatti che seguirono sono noti: prima lo sgombero dell’area, poi la demolizione di parte dell’edificio. Ad autorizzare l’abbattimento (dopo aver contatto telefonicamente altri tre membri dell’esecutivo) fu la municipale Karin Valenzano mentre a gestire l’operazione di polizia fu l’allora vicecomandante della Cantonale Lorenzo Hutter.

Questi i due nomi al centro del procedimento penale aperto pochi giorni dopo dal Ministero pubblico. In una nota del tempo, si indicavano come ipotesi di reato la “violazione intenzionale subordinatamente colposa delle regole dell’arte edilizia e infrazione alla Legge sulla protezione dell’ambiente”. “Sono stati predisposti gli approfondimenti per decidere se estendere il procedimento penale al reato di abuso di autorità”, recava ancora la nota.

A coordinare l’inchiesta furono messi il procuratore pubblico capo Arturo Garzoni e il procuratore generale Andrea Pagani. Pagani che, nel dicembre 2021, firmò un decreto di abbandono relativo agli accertamenti. Perché? Perché all’epoca la Procura non riscontrò responsabilità di tipo penale. In una nota del Ministero pubblico si leggeva infatti che, a seguito di una “minuziosa ricostruzione dei fatti (…) non sono risultati adempiuti gli elementi costitutivi dei reati ipotizzati”. Nei fatti, il decreto di abbandono scagionò il vicecomandante Hutter e la municipale Valenzano.

Ma la decisione della Procura non raccolse i favori dell’associazione ALBA (Addio Lugano Bella Associazione C.S.O.A Il Mulino), che subito promosse un ricorso contro il decreto di abbandono. Un ricorso accolto poi nel giugno di quest’anno dalla Corte dei reclami penali (CRP) aprendo le danze per una seconda inchiesta. A coordinare le nuove indagini, troviamo sempre il PG Andrea Pagani.

Si arriva così ai fatti odierni, con la richiesta della Procura di documentazione aggiuntiva e la consegna dell’incarto, parzialmente oscurato, da parte della Polizia cantonale.

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