C'è stato il tempo della "speranza appesa a un filo". C'è, ora, il tempo dell'"elaborazione del lutto". Luoghi privati (la casa), misti (il quartiere) e pubblici (la piazza, la chiesa, il cimitero) i percorsi di quest'elaborazione.
L'elaborazione del lutto nella piazza reale
Già mercoledì sera, in Piazza della Riforma a Lugano, sul cancello chiuso del Municipio, proprio sotto la bandiera della città - a mezz'asta e listata a lutto - è iniziato il controllo rituale della condivisione del patire. Ma se, fino a qualche anno fa, luoghi e riti funebri erano preposti e individuabili, ecco che nella società liquida e globalizzata, la piazza è anche virtuale. Vi si entra con un "account". Vi si condivide il proprio dolore con un pensiero, un R.I.P., un emoticon. È lì, è così, che oggi ci si sente parte di un dolore: collettivo e condiviso. È lì, è così, che oggi si cerca - e a volte si trova - la forza per andare avanti perché - lì e così - per un attimo, non si è più soli.
"La vita culturale di tutti i tempi e di tutti i luoghi ha messo a disposizione degli individui vari sistemi tecnici per facilitare il lavoro del cordoglio, cioé per riprendere le tentazioni della crisi e ridischiuderle al mondo dei valori", scriveva Ernesto De Martino nel 1958. I sistemi tecnici dell'oggi sono i social. Lì, sui social, c'era anche lui, Marco Borradori. Lì, in migliaia, in questi giorni, sono andati a incoraggiarlo, a ricordarlo, a piangerlo. A cercare, soprattutto, l'amico che non c'è più.
m.c.