Ticino e Grigioni

Le auto cinesi non "elettrizzano" il Ticino

Ma per gli esperti è solo questione di tempo - Il solo rivenditore: "Oggi conta l'aspetto" - L'USTRA: "La situazione può evolvere rapidamente"

  • 15 settembre 2023, 07:22
  • 15 settembre 2023, 07:46
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Operai cinesi al lavoro nello stabilimento della JAC Motors a Hefei, nella provincia cinese di Anhui, correva l'anno 2009

  • Keystone
Di: Stefano Pianca

Hanno nomi indefinibili come BYD, Chery, Geely e Zeekr. La prima reazione del cliente nostrano di fronte a un’auto elettrica cinese è di curiosità. Curiosità di nicchia, beninteso, perché l’offerta per ora a sud delle Alpi risulta molto limitata. Di fatto c’è un solo rivenditore, Forestauto a Mendrisio, concessionario Suzuki, che offre un modello 100% elettrico prodotto dalla JAC, una casa automobilistica statale nata in Cina nel 1964. “C’è un discreto interesse. Anche perché i prezzi sono molto competitivi”, dice il responsabile delle vendite Tazio Binaghi.

Il prezzo è anche la principale preoccupazione dell’Unione Europea, dopo che nel 2022 la quota cinese di veicoli elettrici venduti sul mercato comune è salita all’8% e, soprattutto, nei primi sette mesi del 2023 le vendite degli stessi modelli sono cresciute del 55% a 820'000 veicoli. Numeri pesanti, che però - va detto - comprendono un 60% circa di auto fabbricate sì in Cina, ma per conto di produttori occidentali (in primis Tesla). Una controffensiva contro i listini, “mantenuti artificialmente bassi da sussidi statali”, è stata annunciata dalla stessa presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Il costo all’acquisto di un modello cinese rispetto a uno europeo risulta in media del 20% più basso. Dietro la reazione ufficiale non è difficile scorgere le pressioni dei costruttori tedeschi e, soprattutto, francesi.

L'invasione "non c'è... per ora"

In Svizzera, ma soprattutto da noi, questa “invasione” ancora non si vede, come conferma Marco Doninelli, direttore dell’UPSA (l’Unione professionale svizzera dell’auto, sezione Ticino): “Per ora nel nostro cantone c’è un solo rappresentante a Mendrisio e le cifre di vendita sono quindi limitate. Troviamo anche un paio di altri marchi, ad esempio Genesis, la cui vendita avviene solo online. Ma parliamo di 2-3 pezzi all’anno”.

La situazione potrebbe tuttavia mutare rapidamente, anche perché, continua Doninelli, “il mercato svizzero, anche se ha numeri ridotti rispetto ad altre realtà a noi vicine, è molto interessante. Le auto di rango superiore si vendono infatti molto bene”. Lo sbarco, quindi, ci sarà e questo “deve far riflettere i fabbricanti europei. Perché le auto elettriche cinesi, all’apparenza, hanno qualità e non solo un prezzo in linea con quanto arriva dal gigante asiatico”. Le stesse “elettriche” europee, fa notare il direttore dell’UPSA-Ticino, hanno componenti, come le batterie, cinesi.

Da questo punto di vista il marchio JAC può rappresentare un altro modo di vedere la concorrenza. Pur avendo un’anima totalmente cinese, questo costruttore di SUV e mezzi pesanti ha imboccato dal 2018 la strada delle vetture elettriche grazie alla joint venture con il gruppo Volkswagen (che vi detiene una partecipazione del 75%). Tornando al Ticino, il responsabile vendita di Forestauto spiega cosa lo ha convinto: “In passato mi avevano già contattato dei rivenditori di auto cinesi, ma ho rifiutato perché non c’era un servizio dopo vendita. Nel caso della JAC è diverso, nei giorni scorsi ho comandato un pezzo di ricambio ed è arrivato subito”.

USTRA: "I numeri possono evolvere rapidamente"

Le ragioni per cui in Svizzera lo sbarco di modelli elettrici cinesi appare ancora rallentato sono molteplici. Non rappresenta però un intralcio il fattore omologazione, di competenza dell’Ufficio federale delle strade (USTRA), da cui deve passare ogni nuovo veicolo per poter essere immatricolato e circolare. “Al momento ci sono 11 modelli cinesi che hanno ricevuto l’approvazione, 12 se consideriamo Smart un marchio cinese”, riferisce Lorenzo Quolantoni, responsabile della comunicazione dell’USTRA. All’appello manca il colosso BYD: “I modelli che circolano in Svizzera sono di importazione parallela, non c’è ancora un’importazione ‘ufficiale’, con approvazione di tipo ordinaria”. Non ci sono attualmente altri modelli cinesi in corso di approvazione, ma il dato va relativizzato: “In genere l’approvazione dura poco, 2-3 settimane. Per cui la situazione può evolvere molto velocemente”, sottolinea Quolantoni.

I fattori che ancora frenano

I possibili ostacoli, li elenca Massimo Gonnella, portavoce del TCS: “Ci sono alcuni modelli cinesi omologati e in vendita in Svizzera, altri hanno ottenuto la certificazione, ma per la fornitura ci vogliono alcuni mesi. Le catene di montaggio negli ultimi tre anni sono state rallentate prima dal Covid e poi dalla crisi delle materie prime. Ora va meglio, ma non del tutto”.

In secondo luogo, contano anche le peculiarità del mercato elvetico. “Ci sono rivenditori convenzionati, come AMAG, che hanno contratti con marchi europei”, ricorda il portavoce. La Svizzera non è invece direttamente confrontata con la lobby dei fabbricanti: “Da questo punto di vista è più aperta, perché non produce veicoli. Lo si vede anche dalle auto giapponesi e coreane che nel nostro Paese sono molto più presenti che nel resto d’Europa”. Più aperti, ma anche più piccoli e forse per questo meno appetibili agli occhi del Dragone asiatico.

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Tutti in coda per la colonnina

A livello generale, negli ultimi mesi, il boom delle vendite di auto elettriche mostra segni di rallentamento. Anche qui i fattori sono molteplici. “Gli automobilisti sono stati un po’ frenati dall’aumento del costo dell’elettricità. Ma il vero ostacolo è rappresentato dall’infrastruttura per il rifornimento che tarda ancora a svilupparsi”, dice Gonnella. Da questo punto di vista qualcosa si muove, nei giorni scorsi Migros ha annunciato che nei prossimi anni 2'000 nuove “colonnine” di ricarica saranno installate nelle sue stazioni di servizi e nei parcheggi dei suoi supermercati. Anche il Cantone si sta muovendo, sussidiando la costruzione di stazioni casalinghe. Le richieste ci sono ed oscillano tra le 50-65 al mese. Lo stesso TCS, sottolinea il portavoce, “sostiene fortemente lo sviluppo di queste nuove tecnologie alternative e si muove anche sul piano politico per potenziare lo sviluppo dell’infrastruttura di ricarica, specie nei condomini e negli appartamenti in affitto”.

La rete del rifornimento appare infatti ancora in gran parte da tessere a livello domestico. “Confermo che uno dei grossi problemi, soprattutto tra chi vive in condominio, è dovuto al fatto che non possono ricaricare l’auto a casa”, rileva dal canto suo Tazio Binaghi. “Quanto al rincaro dell’elettricità, credo influisca meno. Soprattutto perché la benzina non è stata nel frattempo ferma…”.

"Europea o asiatica, conta l'aspetto"

Sempre secondo la concessionaria di Mendrisio, altri aspetti contano ormai di meno. “Il made in China, a cui nessuno pensa quando compriamo piccoli oggetti, solleva ancora qualche dubbio nel caso delle automobili”. Ma dipende dall’età del cliente. “Molti giovani non guardano più alla marca o alla meccanica, ma scelgono in base all’aspetto. Che sia europea, americana o asiatica, l’auto deve innanzitutto piacere”.

A spazzare via le residue resistenze contribuisce infine il fattore prezzo. Per dare un ordine di grandezza il modello elettrico cinese, JAC e-JS4, viene venduto a 36'000 franchi. “A novembre arriverà un modello più piccolo a 20'000 franchi, con un’autonomia di circa 300 km”.

L’orizzonte 2035, quando l’Europa potrebbe bandire i motori termici, sta già influenzando il mercato di oggi: “I costruttori non investono più sulla vecchia tecnologia. C’è da aspettarsi che sul mercato arrivino presto altri nuovi modelli”, afferma il portavoce del TCS. Il futuro, se non elettrizzante, s’annuncia comunque elettrico.

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