Ticino e Grigioni

Le pietre della memoria di Brissago

Per la prima volta in Ticino posati quattro blocchetti per ricordare i membri deportati di una famiglia ebrea respinta alla frontiera – Una storia drammatica, ricordando però anche il coraggio e la solidarietà dei brissaghesi

  • 15 giugno, 05:55

Brissago ricorda i deportati

Il Quotidiano 14.06.2024, 19:00

Di: Quot/RSI Info

Nel mondo sono più di 70’000, mentre in Ticino è una prima assoluta. Parliamo dei blocchetti di cemento con una placca di ottone che servono a ricordare i nomi dei deportati ebrei nella Shoah. A ricordare che anche la Svizzera, dipinta come un rifugio sicuro durante la Seconda guerra mondiale, non sempre lo fu. 

Sono quattro le pietre d’inciampo posate sul lungolago di Brissago a ricordare i quattro membri della famiglia Gruenberger respinti alla frontiera nel dicembre del 1943. L’unica accolta in Ticino fu la mamma Edith, perché era incinta. Tre finirono ad Auschwitz, mentre Egon riuscì a fuggire e a rientrare in Svizzera.

“Le pietre d’inciampo servono proprio a ricordarci che non dobbiamo dimenticare che ognuna di queste persone ha una storia personale – spiega alla RSI Pietro Majno-Hurst del ‘Gruppo per la memoria a Brissago’ –, e siamo stati in grado di ricostruire questa storia personale che è molto commovente. È stata in particolare raccontata in una lettera che l’unico sopravvissuto di questo gruppo scrisse alla moglie, che era potuta restare in Svizzera perché incinta, ed è una lettera toccante, ma anche una storia di resilienza e di voglia di vivere”.

Una questione di giorni

Partendo dalla lettera di Egon Gruenberger è stato presentato un libro che racconta la drammatica vicenda personale, alla luce di questo particolare momento storico.

“È una storia emblematica perché ci dà, attraverso la testimonianza di Egon Gruenberger, una prova di quello che davvero successe durante questo periodo tra l’autunno e l’inverno del 1943” spiega lo storico Raphael Rues. “Avvenne tutto il 18 dicembre – gli fa eco lo storico del periodo bellico Adriano Bazzocco –, quindi se questa famiglia fosse arrivata solo qualche giorno dopo verosimilmente tutti i membri sarebbero stati accolti. Il periodo più drammatico della politica d’asilo al confine con l’Italia avviene infatti nei primi giorni di dicembre di quell’anno, dopo che la Repubblica sociale italiana emana l’ordine di polizia numero 5 il 30 novembre, lanciando sistematicamente la caccia all’ebreo; a quel punto gli ebrei che ancora avevano esitato tentano precipitosamente di rifugiarsi in Svizzera”.

Le autorità svizzere, che fino a quel momento avevano accolto un gran numero gli ebrei, a quel punto stringono le maglie e respingono circa la metà delle persone che si presentano alla frontiera dopo lunghe ed estenuanti marce nei boschi.

“Ai confini del Canton Ticino e della Mesolcina – prosegue ancora Bazzocco – dovrebbero essere circa 750 le persone respinte, su tutto il confine svizzero probabilmente meno di un migliaio. Si tratta di cifre più basse di quanto indicato a suo tempo dalla Commissione Berger, ma tutt’altro che trascurabili”.  

Il coraggio e la solidarietà dei brissaghesi

Tra i respinti anche i quattro membri della famiglia Gruenberger ricordati venerdì. Molti furono invece gli accolti, oltre 200 persone soltanto a Brissago, ricordati a loro volta con una targa in onore dei cittadini che li accolsero.

“Si sapeva cosa stava succedendo e la popolazione si oppose ai respingimenti facendo uno sciopero degli operai alla fabbrica di tabacco e formando una catena umana per impedire che altri respingimenti avessero luogo. La popolazione di Brissago si dimostrò quindi particolarmente coraggiosa e solidale, rispetto alla tragedia umana che stava accadendo” conclude Pietro Majno-Hurst.

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