A Bellinzona, dove si sta svolgendo il processo alla 29enne di Vezia accusata di aver tentato di assassinare due donne alla Manor di Lugano il 24 novembre di due anni fa in nome dello Stato Islamico, nel pomeriggio ha preso la parola uno dei periti psichiatrici. Il quadro che emerge è che la 29enne soffre di turbe psichiche gravi associate a un ritardo mentale, anche se è difficile spiegare cosa questo comporti dal punto di vista clinico senza essere eccessivamente tecnici.
Il perito Carlo Calanchini ha spiegato che, a causa dei problemi di cui soffre, l’imputata si è calata in uno scenario largamente fantastico, in uno scenario (il riferimento è alla guerra santa) di cui in realtà conosce pochissimo. Meno - ha detto - di qualcuno che legge regolarmente i giornali. Il perito ha quindi stabilito che per l’intera vicenda (l’aggressione ma anche il percorso di avvicinamento all’atto) deve essere presa in considerazione una scemata imputabilità di grado medio e che quindi in caso di condanna dovrà scontare la sua pena in una struttura terapeutica.
Sempre secondo il perito c’è poi il rischio (di grado medio) che la donna commetta nuovi reati contro la persona in particolare in assenza di una terapia adeguata. Ma su questo aspetto i periti non sono concordi. Secondo la dottoressa Alessandra Canuto il rischio è un po' più alto, come ha scritto nel secondo parere specialistico che verrà discusso domani (martedì), secondo giorno di processo.
I periti psichiatrici hanno un ruolo centrale in questa vicenda; l'intero procedimento penale deve rispondere a una domanda: la donna è malata o una terrorista nonostante la malattia. Per la procura federale la donna ha agito spinta dal fondamentalismo; da qui l’accusa di violazione della legge federale che vieta i gruppi al Qaida e Stato Islamico oltre che di tentato assassinio. Per la difesa invece il terrorismo non c'entra nulla.
RG 12.30 del 29.08.2022 - La diretta di Francesca Calcagno
RSI Info 29.08.2022, 19:22
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Il processo di radicalizzazione
La radicalizzazione della donna è un elemento che la Corte ha indagato durante l’interrogatorio della 29enne, anche se non in modo molto approfondito. La maggior parte degli elementi si appoggiano sulle dichiarazioni della stessa imputata. Ha affermato di essersi avvicinata all’islam attraverso il marito (da cui oggi è separata) e di essersi convertita nel 2009. Solo parecchio dopo però (nel 2015) si è avvicinata alla guerra santa; soprattutto attraverso informazioni raccolte online e degli scambi che ha intrattenuto via social. Dialogava in particolare con un siriano con cui ha scambiato 2'500 messaggi in meno di due mesi; gli ultimi pochi giorni prima dell’aggressione alla Manor. A lui scriveva di voler servire Dio fino a morire e gli chiedeva di insegnarle a usare le armi. Con lui avrebbe parlato anche del suo piano; ma l’uomo l’avrebbe invitata a desistere perché – citiamo – senza complici non sarebbe andata molto lontano. In aula non è invece stato ricostruito il profilo di quest’uomo. Sempre l’imputata ha dichiarato però che mandava in Siria del denaro per il suo sostentamento e per l’acquisto di armi. Denaro che guadagnava prostituendosi (che è un altro reato che le viene imputato).
La 29enne ha infine affermato di essere contenta dell’aggressione che ha messo in atto in nome di Allah e che la rifarebbe ma in modo più articolato. "Ho gridato Allah O Akbar nel modo più aggressivo possibile – ha detto – perché volevo che fosse ritenuto un attentato".
RG 07.00 del 29.08.2022: aggressione alla Manor di Lugano, il riassunto del caso di Francesca Calcagno
RSI Info 29.08.2022, 09:22
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