Ticino e Grigioni

Un ticinese su dieci interrompe da solo la terapia antibiotica

Scarsa consapevolezza e abusi di questi farmaci alimentano la resistenza batterica - Per il medico cantonale, l’uso degli antibiotici è influenzato anche da fattori culturali

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Eccessivo consumo di antibiotici

Il Quotidiano 21.11.2024, 19:00

  • Keystone
Di: Quotidiano/Natda 

Il 10% della popolazione ticinese decide autonomamente di interrompere il trattamento antibiotico: un comportamento che contribuisce al fenomeno della resistenza antimicrobica. Lo rivela un sondaggio condotto nell’ambito della Strategia nazionale contro le resistenze agli antibiotici. Il dato emerge dall’indagine del Dipartimento della sanità e della socialità (DSS), che ha coinvolto 1’428 ticinesi durante la scorsa estate.

La resistenza agli antibiotici è già responsabile di cinque milioni di morti l’anno a livello mondiale, e l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) prevede che questa cifra potrebbe raddoppiare entro il 2050 senza gli interventi adeguati. Anche se la maggior parte dei ticinesi (il 73%) dichiara di completare correttamente la terapia prescritta e più della metà riferisce di smaltire gli antibiotici inutilizzati in farmacia, le lacune conoscitive restano significative. Solo il 4% dei partecipanti al sondaggio sa infatti che è il batterio, e non la persona, a diventare resistente agli antibiotici.

Tra i dati emersi, quasi la metà della popolazione non sa che gli antibiotici non sono efficaci contro i virus, alimentando potenziali richieste o utilizzi inappropriati. Il medico cantonale ticinese Giorgio Merlani ricorda che la prescrizione corretta degli antibiotici è fondamentale: devono essere usati solo in presenza di infezioni batteriche e solo quando possono davvero fare davvero la differenza. Tuttavia, conta anche anche la responsabilità dei pazienti: è fondamentale seguire le indicazioni, completare il trattamento e non assumere farmaci in autonomia o conservarli per usi futuri.

Una componente culturale?

Molti pazienti, spinti dalla paura che una malattia possa aggravarsi, esercitano pressione sui medici per ottenere una prescrizione, anche quando non è necessaria, spiega Merlani ai microfoni della RSI. “C’è una componente culturale: la paura di un decorso grave spinge spesso i pazienti o i genitori a mettere pressione sul medico per ottenere una prescrizione”. Questo atteggiamento riflette l’idea, errata ma radicata, che gli antibiotici siano una soluzione universale, alimentando un uso inappropriato.

A questa tendenza si aggiunge una differenza geografica tra nord e sud del mondo: nei Paesi meridionali, gli antibiotici vengono prescritti più frequentemente, anche in assenza di una reale necessità. Questo è dovuto sia a tradizioni culturali sia alla formazione dei medici, spesso influenzata dalle prassi del Paese dove hanno studiato. Di conseguenza, chi ha ricevuto la propria formazione in un contesto più incline all’uso degli antibiotici può continuare a seguire queste abitudini anche lavorando in realtà più restrittive, come la Svizzera.

Per ridurre i rischi legati a un uso improprio degli antibiotici, Merlani evidenzia l’importanza di dotare i medici di strumenti diagnostici rapidi per distinguere tra infezioni batteriche e virali. A tal proposito, è stata sviluppata un’app che offre indicazioni chiare sulla prescrizione degli antibiotici, specificandone il dosaggio e la durata in base alla patologia. Secondo il DSS, campagne educative mirate e strumenti adeguati sono essenziali per sensibilizzare la popolazione e formare i professionisti.

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