La variante Omicron circola ormai apertamente anche in Svizzera. Per ora i dati a disposizione a livello internazionale confermano che si tratti di una variante altamente infettiva, ma che non sembra più virulenta rispetto agli altri ceppi. Anzi. Il professor Enos Bernasconi, responsabile del servizio malattie infettive dell’Ente ospedaliero cantonale ticinese, intervistato durante la trasmissione SEIDISERA, invita tuttavia alla prudenza:
Il settore ospedaliero ha vissuto momenti di maggiore tensione, lei come interpreta il fatto che la variante Omicron abbia un grado di contagiosità elevato ma una virulenza ancora tutta da dimostrare?
“Attualmente siamo ancora principalmente confrontati con i casi di variante Delta, anche se stanno arrivando i casi Omicron: non possiamo quindi dire se c’è una differenza di pressione sui nostri ospedali tra le due varianti. Ci sono però i primi dati che arrivano da vari paesi europei: per esempio un’analisi preliminare fatta in Danimarca ha analizzato partendo da 20’000 casi di infezioni Delta il tasso di ospedalizzazione, che era circa dell’1,5%, mentre prendendo in rassegna circa 790 casi Omicron il tasso di ospedalizzazione è risultato dell’1,2%, quindi non così tanto inferiore. I numeri in questo caso sono però ancora piccoli bisognerà capire come evolve la situazione.
Bisogna tuttavia dire che i dati mostrano che i vaccini mRNA presenti in Svizzera, se viene somministrato anche il richiamo, offrono ancora una buona protezione, sia contro l’infezione, sia soprattutto contro il rischio di sviluppare una malattia severa, contro l’ospedalizzazione o addirittura il ricovero in terapia intensiva”.
La variante Omicron è però molto più contagiosa…
“Sì, senza alcun dubbio. Analizzandone la diffusione in varie regioni del Regno Unito si è visto che il raddoppio dei casi avveniva in meno di due giorni: si tratta di una crescita molto rapida ed esponenziale”
Domanda provocatoria: non è una buona cosa, una via d’uscita, un contagio diffuso ma che non vada a impattare sugli ospedali?
“Ma dai dati che abbiamo ora a disposizione non possiamo ancora dire che si tratti di una variante benigna. Possiamo dire, come lo era già per la Delta, che è benigna nella maggioranza dei casi, ma se il numero di casi sarà così elevato da toccare anche persone vaccinate e persone a rischio, come grandi anziani o persone con altri fattori di rischio, questo potrebbe avere un impatto sul numero di ospedalizzazioni”.
Nuove misure sono entrate in vigore lunedì in Svizzera. Si punta sul “2G” e sulle mascherine al chiuso per tutti. C’è chi dice che si tratti di misure “ingenue”, lei cosa ne pensa?
“Vedendo quello che hanno fatto in altre nazioni, come in Austria dove c’è stato un lockdown che ha cambiato con successo la direzione della curva epidemiologica, è vero che in Svizzera abbiamo un approccio che cerca il più possibile di rispettare anche le attività economiche; d’altra parte ora c’è però un virus molto contagioso, e rispetto alla Delta con la Omicron il rischio per chi ha già contratto il Covid-19 di reinfettarsi è cinque volte superiore. Anche i vaccini non offrono una protezione del 100%; il “2G” (dal tedesco "geimpft" e "genesen", vaccinati o guariti, ndr.) non è quindi sufficiente, il minimo è indossare anche la mascherina al chiuso e laddove non la si può usare non resta che imporre anche il test per poter accedere ai posti chiusi”.
L’EMA, l’agenzia europea per il controllo dei medicinali, ha approvato il vaccino dell’americana Novavax. Un vaccino che non si basa sulla tecnologia mRNA: può essere una soluzione complementare?
“È sicuramente interessante disporre di molteplici vaccini, basati su tecnologie differenti; magari per molte persone avere un vaccino con una tecnologia più tradizionale potrebbe essere uno stimolo in più per farsi immunizzare. Questo vaccino funziona come altri usati per diverse infezioni, gli studi dimostrano che è efficace ma purtroppo l’antigene usato per produrlo è la proteina spike del ceppo originale, che circolava all’inizio del 2020, quindi temo che se non verrà adattato rapidamente non risulterà efficace contro le nuove varianti”.