I giovani medici svizzeri (sono ritenuti tali quelli sotto i 45 anni) sono in maggioranza donne. E sono proprio le dottoresse che lavorano negli ospedali come assistenti e capiclinica ad essere maggiormente vittime di turni lunghi, poco riposo, lavoro amministrativo considerato eccessivo, difficoltà nel conciliare professione e famiglia, burnout e depressione. Perché anche i 37'525 medici attivi nella Confederazione si ammalano e, quando la situazione diventa insostenibile, trovano aiuto appellandosi alla hotline di Remed per chiedere sostegno.
La rete di sostegno messa a punto dall'associazione FMH è attiva da una decina d'anni e registra un costante aumento dei casi. Nel 2018 sono stati 143, una cifra record. L'età media di chi chiede aiuto è 42 anni, si tratta quindi di medici giovani, e sono poi soprattutto donne a rivolgersi al servizio. La frustrazione è grande anche perché le chance di veder cambiare la propria situazione accedendo a posti di maggiore responsabilità sono ridotte. Le statistiche dicono che negli ospedali svizzeri la componente femminile (in gran parte impiegata all'80%) è del 58,6% fra gli assistenti e del 47,9% fra i capoclinica. Poi scende al 24,5% tra i medici quadro 2 e al 12,4% fra i primari.
Frustrazione da burocrazia
Il problema principale che spiega il crescente numero di richieste di aiuto a Remed, spiega alla RSI il presidente dell'Associazione medici assistenti e capiclinica ticinese Davide Giunzioni, è rappresentato dal cambiamento intervenuto nella professione. Il carico il lavoro complessivo che i medici devono affrontare in ospedale nel corso degli anni non è aumentato. Si è però costantemente ridotto il tempo che può essere dedicato al contatto con i pazienti dato il considerevolmente aumento dei compiti burocratici. Ciò che determina la situazione di frustrazione vissuta da chi ha abbracciato la professione convinto che la medicina servisse in primo luogo a curare gli altri.