La Corona del fornaio è un prestigioso premio svizzero del settore della panetteria-pasticceria assegnato dall’Associazione svizzera mastri panettieri-confettieri (PCS) e dall’Unione svizzera di fabbricanti di lievito (SHV) e quest’anno ha varcato per la prima volta il confine della Svizzera italiana. A vincerlo, infatti, è stato Giuseppe Piffaretti, detto Mastro Piff, de La bottega del Fornaio di Mendrisio. È diventato Re fornaio per il suo impegno, per le sue creazioni e per le sue idee, ma anche per la volontà di trasmettere le sue competenze e per la creazione della Coppa del mondo del Panettone, riconosciuta a livello internazionale. È un premio che arriva appena dopo un altro riconoscimento, il “Merito culinario svizzero”, che ha ricevuto nella categoria della pasticceria. Ne abbiamo approfittato per fare una chiacchierata con lui e farci raccontare la sua storia, fatta di costanza, passione e condivisione.
I primi passi: il caso, il lavoro e il successo
La sua relazione con la pasticceria è iniziata un po' per caso e per motivi che non avevano a che fare con la passione per i dolci: lui e un suo amico avevano deciso di iscriversi a un corso serale del ginnasio in economia familiare, da una parte perché era una delle poche occasioni per uscire la sera, e dall’altra perché oltre al suo amico e lui, le altre iscritte erano tutte ragazze… insomma, due buoni motivi per sceglierlo. «Questo corso, oltre a insegnarci a svolgere i tipici lavori casalinghi, offriva una parte dedicata ai dolci, ed è quella che più mi è piaciuta» racconta Mastro Piff, dicendo che è questo il motivo che lo ha spinto a perseguire quella strada, anche perché «di continuare a studiare non avevo molta voglia.»
Come ogni grande carriera, gli ostacoli non sono mancati: «Oltre alle difficoltà di trovare un impiego, mia nonna era particolarmente scettica, perché lavorare nella pasticceria era qualcosa di troppo femminile. In realtà, a quei tempi erano più gli uomini a occupare quei lavori, di donne ce n’erano molte meno rispetto a oggi».
Nonostante tutto, Mastro Piff trova un apprendistato e dopo tre anni vince il premio come miglior apprendista. Da quel momento inizia a viaggiare in tutta la Svizzera, a conoscere nuova gente e a godersi la sua gioventù. «Avevo ricevuto un importante contratto per lavorare in un albergo a Hong Kong, ma un brutto lutto ha colpito la mia famiglia. Mio fratello era morto in un tragico incidente mentre faceva del volontariato in Africa, così non me la sono sentita di partire e ho deciso di restare a Mendrisio».
Dai momenti difficili, come spesso capita, nascono anche delle cose positive; infatti, un’occasione di lavoro gli si è presentata. «Il panettiere che ci forniva il pane cercava un sostituto, così, insieme a un mio amico ho preso in mano l’attività. Avevamo ritmi incessanti: per un anno abbiamo lavorato 70-80 ore alla settimana, tutti i giorni tranne la domenica, che la passavamo a dormire. Poi abbiamo iniziato ad assumere apprendisti».
Gli anni passavano e per la passione non c’era molto spazio; infatti, Piff racconta che «Si andava avanti di anno in anno senza pensare troppo ai guadagni, ma piuttosto cercando di coprire tutte le fatture e di pagare tutti i collaboratori e gli apprendisti».
«Poi è cambiato tutto agli inizi del 2000 quando il mio settore ha conosciuto una svolta mediatica grazie agli stampi in silicone, che hanno sofisticato le decorazioni di zucchero della pasticceria. Nel 2003 inoltre, ho preso la carica di Nereo Cambrosio, uno dei più grandi panettieri-pasticcieri a livello svizzero ed europeo, che ha aperto le porte al settore in televisione e che è stato una guida per tutti noi i giovani aspiranti. Da quel momento in poi ho iniziato a viaggiare e conoscere i grandi maestri internazionali, come Pierre Hermé ed Iginio Massari, che oggi è regolarmente membro delle giurie dei miei concorsi. È più o meno in questi anni, dopo aver compiuto i 30, che l’amore per il mestiere ha avuto più spazio per crescere in me».
I viaggi e l’apertura verso altre culture
Spesso, nell’ambito culinario, la tendenza è quella di confrontarsi con gli altri paesi per poi affermare di essere i migliori, ma questo Piffaretti non lo fa. Con i suoi viaggi Mastro Piff ha avuto modo di conoscere le particolarità di ogni cultura gastronomica, e quello che lui sottolinea è che «ogni volta in cui si visita un posto o ci si confronta con qualcosa di nuovo, c’è sempre qualcosa da imparare. Ogni paese ha le proprie caratteristiche e adatta anche le proprie preparazioni in base alle condizioni del luogo. In Brasile, per esempio, non usano le arance candite per il panettone, perché costerebbero troppo. Al loro posto, utilizzano le carote caramellate. Anche i colori nei dolci sono diversi: nei paesi nordici prediligono prodotti non troppo colorati, mentre spostandosi verso sud i colori diventano più vivaci. In India, ma anche in altri paesi orientali come la Turchia, i dolci sono molto più zuccherati, questo succede anche perché le temperature sono più elevate e lo zucchero aiuta a conservare meglio gli alimenti».
Un francese ti dirà che la baguette è il pane migliore al mondo, un cinese invece dirà lo stesso del pane al vapore. Io dico che bisogna essere aperti e apprezzare il fatto che grazie alla globalizzazione abbiamo la possibilità di conoscere tutte queste specialità. Certo, il rischio è anche quello di uniformare i prodotti in tutto il mondo, ma il sapere e l’innovazione a cui possiamo accedere oggi è impagabile. Inoltre, quello che accomuna tutti è la passione per il mestiere, e quella è in grado di abbattere tutte le barriere».
Svizzera: rigore e abbondanza
Senza troppo stupore, la Svizzera è conosciuta per il suo rigore, per la sua organizzazione e per la precisione anche nel settore della pasticceria-panetteria. Una curiosità è che a livello di varietà di pane, è uno degli stati con il tasso più alto al mondo, insieme alla Germania. Solamente di pani cantonali ce ne sono 23.
«In Ticino però c’è una direzione che si sta prendendo che mi fa storcere il naso: è quella di abbinare le panetterie con le stazioni di servizio, cosa che può appiattire la qualità dei prodotti, che non sono freschi o artigianali e che non si gustano con calma».
Il valore dell’artigianalità e la Coppa del Mondo del Panettone
L’importanza dell’artigianalità è un tema che ovviamente sta a molto a cuore a Mastro Piff, che fa notare come negli ultimi anni le panetterie artigianali in Svizzera (affiliate alla sua associazione) siano passate dalle 2000 alle 1400. L’aumento dei prezzi non ha aiutato, specialmente i “mestieri di bocca”, che sono penalizzati perché realizzano prodotti che si consumano ogni giorno e per cui, quindi, un prezzo maggiore si nota più velocemente.
«Non ha aiutato neppure la pandemia, in cui molte delle persone confinate si sono improvvisate panettieri e quindi hanno cominciato a produrre per sé o per altri, a prezzi più bassi, dal momento che non hanno affitti o altre spese che una normale panetteria potrebbe avere».
Tornare a dare il giusto valore al lavoro che c’è dietro all’artigianalità è importante ed è anche uno degli scopi dei concorsi organizzati da Mastro Piff. Tenutasi per la prima volta nel novembre del 2019, la Coppa del Mondo del Panettone è stata ideata per celebrare la storia e la preparazione del lievitato per eccellenza, permettendo di mantenerne viva la tradizione. Infatti, questo concorso ha consentito all’artigianalità di riprendere la percentuale che aveva perso rispetto all’industria e più in generale ha fatto riscoprire un prodotto: «Alcuni paesi stranieri che non sapevano come prepararlo correttamente, hanno potuto vedere da vicino la sua lavorazione originale e le sue caratteristiche. I concorsi permettono di avvicinare le culture e le persone».
È stato anche un modo per omaggiare la produzione di panettone ticinese, la cui qualità è alta e che non ha nulla da invidiare al resto del mondo. «Fa parte del nostro patrimonio culinario cantonale, lo produciamo da più di cento anni.» Il panettone Piff lo descrive come una “filosofia di vita”: «per me è come lo yoga: è percepito da ognuno in modo diverso. Io posso insegnare la ricetta, ma il risultato finale non è garantito. Ci sono cose che non si possono spiegare soltanto con la teoria, ma che arrivano con la pratica, con la curiosità e con la scienza».
La tradizione, l’innovazione e l’ispirazione
Ogni lavoro ha bisogno di innovazione per continuare a migliorare. Quello che però Piff ha notato, è che i clienti sono sempre un po’ diffidenti verso un prodotto diverso dal solito e che si distacca troppo da quello tradizionale. «Una formula che molti di noi utilizzano è quella di cambiare la forma ma non il gusto di un dolce, in modo da non stravolgere il prodotto finale. Il rapporto nel mio negozio tra innovazione e tradizione è più o meno un 30% di innovazione e 70% di prodotti tradizionali».
La fonte maggiore di ispirazione per ideare sempre nuovi dolci proviene dai giri in bici sul lago da Riva San Vitale a Ponte Tresa, ma Piff è spinto anche da un’esigenza più grande: «Continuo a fare quello che faccio anche perché voglio che venga riconosciuto lo sforzo che i pasticceri e i panettieri fanno ogni giorno. I cuochi sono più conosciuti e sono molto più presenti nei media; invece, pochi ricordano il volto del pasticcere o della pasticcera della propria città, anche se tutti conoscono le sue creazioni e il suo nome. Troppe persone che avrebbero meritato di essere riconosciute, non ne hanno avuto l’occasione. Ci tengo anche perché il nostro, tra le altre cose, è un mestiere positivo e allietante: aiutiamo a rendere più piacevoli i momenti di condivisione e di convivialità».
Una carriera frutto di collaborazione
Insomma, grazie a queste sue convinzioni, al suo spirito di condivisione e alla sua ambizione, Mastro Piff è riuscito a costruirsi una carriera solida e riconosciuta. Questo anche per merito dei suoi collaboratori, che riconosce essere stati fondamentali: «Non ho fatto tutto da solo: ho formato e dato fiducia a persone che possono anche sostituirmi quando io sono via per i viaggi o altri impegni. Ho imparato molto anche dai miei apprendisti, perché magari sono formati su determinati aspetti sui cui io non mi soffermavo.
«Sono fiero dei miei traguardi e dei premi vinti quest’anno. Devo dire che li prendo piuttosto come riconoscimenti personali, perché in Svizzera questo tipo di vittorie non sono particolarmente riconosciute, ma io sono molto grato e onorato, sono un incoronamento della mia crescita professionale».