Le sanzioni statunitensi nei confronti dell'Iran, dopo il ritiro dall'accordo sul nucleare deciso da Donald Trump a metà della scorsa settimana, avranno un impatto anche sulle aziende svizzere che fanno affari nel paese islamico. Alla stregua di quelle di altri paesi, Washington le pone infatti di fronte a un ultimatum, come confermato dall'ambasciata a Berna interpellata dalla SonntagsZeitung. A dipendenza del settore di attività, vengono concessi dai tre ai sei mesi per interrompere le relazioni commerciali. Chi non ottempera, rischia pesanti multe, l'esclusione dalle transazioni in dollari o dal mercato a stelle e strisce.
Dopo l'intesa siglata nel 2015, le esportazioni elvetiche verso Teheran erano tornate a crescere e lo scorso anno hanno superato i 500 milioni di franchi.
La minaccia ha già suscitato reazioni in altri paesi europei. I ministri delle finanze di Francia e Germania hanno lanciato un appello affinché l'Europa si unisca per pretendere eccezioni ai provvedimenti statunitensi, giudicati discriminatori oltre che unilaterali. La posizione ufficiale del Dipartimento diretto da Johann Schneider-Ammann non è ancora nota, ma da politici di diversi schieramenti sono giunte sollecitazioni affinché anche Berna intervenga presso la Casa Bianca.
Affari con l'Iran, ultimatum per le aziende svizzere
Telegiornale 13.05.2018, 14:30
La lunga mano americana, d'altra parte, non tocca unicamente l'economia ma anche la ricerca: le porte dei laboratori di alta tecnologia rimangono spesso chiuse agli iraniani, anche all'estero, Svizzera compresa. Come racconta la NZZ am Sonntag, è il caso per esempio (e questo sin dall'apertura sette anni fa) al Binning and Rohrer Nanotechnology Center di Rüschlikon, gestito insieme da IBM e dal Politecnico di Zurigo. Alle imprese statunitensi che collaborano con alte scuole le restrizioni vengono imposte da oltre Atlantico.
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