“C’era una macchina incendiata di fianco a me, io chiedevo aiuto ma nessuno veniva, allora ho provato a rotolare per allontanarmi, ma non potevo usare le gambe e il giubbotto antiproiettile e la macchina fotografica a tracolla non mi aiutavano, ho rotolato fino a che non avanzavo più, allora ho visto una persona vestita di bianco, gli ho urlato, è venuta, mi ha trascinato in un posto sicuro e solo più tardi è arrivata una piccola ambulanza”.
Quell’ambulanza porta Christina Assi, fotogiornalista dell’AFP in un ospedale di Tiro, sud del Libano, dove, per mancanza di mezzi, i medici propongono di amputarle entrambe le gambe. L’intervento del padre e della France Presse riescono a farla trasportare all’ospedale americano di Beirut, dove i medici le salvano la gamba sinistra. La destra sarà amputata sotto il ginocchio. In coma indotto per giorni, Christina scoprirà solo più tardi che il suo amico e collega Issam Abdullah, fotografo della Reuters, è invece morto.
Un'auto distrutta dal bombardamento nel quale è rimasta ferita Christina Assi
A cambiare in pochi secondi la vita della giovane e di altri sei giornalisti, sono stati due colpi di cannone sparati a distanza di 37 secondi da un tank dell’esercito israeliano, secondo la ricostruzione minuziosa fatta da Reuters. Il primo sparo ha colpito al corpo Issam Abdallah, libanese di 37 anni, “abbiamo dovuto cercare il suo corpo, era volato oltre il muretto, una gamba esplosa via, carbonizzato, quasi irriconoscibile” ricorda Dylan Collins, collega americano dell’AFP. Ma ha anche colpito Christina alle gambe.
Quando Dylan è corso a soccorrerla, la seconda cannonata ha ferito anche lui e altri giornalisti. Un attacco efferato sul gruppo di reporters (AFP, Reuters a Al Jazeera) che da più di un’ora stava trasmettendo in diretta immagini degli scontri sulla frontiera, vicino alla località di Alma Al-Shaab, protetti da giubbotti antiproiettile con scritte PRESS ben visibili.
Dylan Collins accusa apertamente Israele
“Abbiamo perso un amico e un collega, e Christina ha ferite che le cambieranno la vita, tutto questo per cosa? Che ragione c’era? Se avessero voluto farci andar via avrebbero potuto usare i megafoni, sparare qualche colpo in aria” continua Collins, “un’analisi del mio video ha dimostrato che nei 25 minuti prima dell’attacco i droni israeliani ci hanno sorvolato 11 volte, potevano sicuramente vedere persino le nostre facce”.
Dal 7 ottobre scorso, quando Hamas attaccò Israele causando 1’200 morti, l’ONU ha recensito oltre 122 giornalisti e lavoratori dei media uccisi a Gaza e tre giornalisti in Libano, rendendo la guerra in corso “il conflitto più mortale e pericoloso per i giornalisti nella storia recente”. A titolo di comparazione nei 20 anni di guerra del Vietnam sono morti 63 giornalisti secondo Reporter senza frontiere.
È stato un incidente che resta sotto esame
Esercito israeliano
Le forze di difesa di israeliane sentite da RSI sull’attacco di Alma Al-Shaab hanno dichiarato che nel pomeriggio del 13 novembre “i terroristi di Hezbollah hanno sparato un missile anticarro e l’esercito temeva un’infiltrazione in territorio israeliano” e che solo ore dopo è venuto a conoscenza del ferimento di giornalisti, un “incidente che rimane sotto esame”.
Per Amnesty International e Human Right Watch quello che sembra un attacco deliberato su dei civili deve essere indagato come “un crimine di guerra”.
“Sono arrabbiata, ho perso il mio miglior amico e la mia vita è cambiata per sempre”, ci dice Christina in ospedale “adesso devo concentrarmi sulla guarigione, ho ancora molte operazioni, e poi devo pensare alla mia salute psicologica, ma non mi fermerò. Non lascerò che loro mi fermino. Tornerò al lavoro e filmerò tutto quello che vorrò”.
L’intervista a Christina Assi
RSI Info 05.02.2024, 13:16