Reportage

Cisgiordania, cresce la popolarità di Hamas

I sondaggi locali registrano un crollo della fiducia nell’Autorità Palestinese - La maggioranza della popolazione crede ancora nel progetto dei due Stati

  • 26 gennaio, 16:37
  • 26 gennaio, 18:05
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Reportage dalla Cisgiordania

Telegiornale 25.01.2024, 20:00

  • Keystone
Di: Telegiornale - Elena Boromeo/RSI Info 

Nominare Hamas in Cisgiordania in questi giorni è rischioso. Eppure, nella regione, un consenso invisibile per l’organizzazione islamita si sta diffondendo. Potremmo definirlo l’effetto collaterale, e forse inaspettato, degli avvenimenti dello scorso 7 ottobre e dell’offensiva di Israele a Gaza.

“Per noi la resistenza è una cosa buona perché combatte per noi” spiega al telegiornale della RSI un giovane tra le strade di Arura, deserte dopo il passaggio dell’esercito israeliano.

Walid Ladadwa - uno degli autori dell’ultimo sondaggio indipendente condotto tra la popolazione palestinese tra novembre e dicembre - conferma che il sostegno ad Hamas e all’azione armata è aumentato significativamente negli ultimi tre mesi, soprattutto in Cisgiordania.  Il motivo, ci spiega, è legato al fatto che “la maggior parte delle persone intervistate non crede che Hamas abbia compiuto azioni brutali ma che tutto sia frutto della propaganda israeliana per screditare l’organizzazione”. Molti, infatti, negano di aver visto i video delle atrocità commesse dai miliziani mentre le immagini delle uccisioni dei civili palestinesi nella Striscia sono arrivate ovunque.  

La fiducia verso l’Autorità Palestinese, che governa parti della Cisgiordania occupata, e il suo partito Fatah, è ai minimi storici. Il 90% della popolazione vorrebbe le dimissioni del presidente Mahmoud Abbas, come ci confermano le parole di un passante: “A 30 anni dagli accordi di Oslo l’Autorità Palestinese non ha ottenuto nulla. Ci sarebbe già dovuto essere uno Stato palestinese, invece non c’è. E questa è la motivazione per cui la popolarità di Hamas cresce”.

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  • Kayed Mi'Ari, portavoce di Fatah

Interpelliamo così un portavoce del partito, a cui chiediamo se non sia ora di un cambiamento, come del resto chiesto anche dagli Stati Uniti in vista di un possibile piano per il dopo guerra. Kayed Mi’ari risponde affermando che “le riforme necessarie riguardano le funzioni e la missione dell’Autorità Palestinese, non un semplice cambio di nomi come invece auspicano gli Stati Uniti”.

Il sondaggio mostra comunque che la maggioranza dei palestinesi crede ancora nel progetto dei due Stati. In questo momento però trovare una base comune su cui costruire un dialogo sembra un rebus senza soluzione.

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  • Keystone
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