Mercoledì un carro armato israeliano ha di nuovo sparato e colpito, in Libano, una torretta dell’UNIFIL, la missione di pace ONU creata nel 1978 per monitorare il ritiro israeliano dal Libano e mantenere la sicurezza nella regione. Molti osservatori sostengono quindi che Israele stia continuando a violare apertamente delle linee rosse.
Nessuno sembra in grado di mettere in campo la diplomazia e anche una certa egemonia per frenare Israele. A sostenerlo è anche anche il professor Alessandro Colombo, docente di relazioni internazionali all’Università di Milano, che ai microfoni di Modem spiega: “In questo momento sembra che (il primo ministro israeliano, ndr) Netanyahu non possa essere fermato da nessuno per una serie molto lunga di ragioni; tanto per cominciare, una ragione storica: Israele si sta comportando con una sorta di assicurazione di impunità. Questa è la ragione per la quale Israele sta violando tutte le norme possibili e immaginabili. Non dimentichiamo che prima di ciò che è avvenuto in questi giorni, Israele è arrivato a colpire un consolato in un altro paese, è arrivato a colpire singoli individui in paesi sovrani. Allora tutto ciò è comprensibile soltanto sullo sfondo di un regime di impunità di lungo periodo. Israele non gode di impunità da un anno a questa parte, ma gode di impunità da 50 anni a questa parte. Non dimentichiamoci che ciò di cui stiamo parlando, cioè l’escalation drammatica dell’ultimo anno, si svolge sullo sfondo di un’occupazione illegale, di una colonizzazione illegale (dei territori palestinesi, ndr) che negli Stati Uniti e nei paesi europei si sono mai sentiti di denunciare”.
Colpa anche degli USA
Il professore aggiunge anche come in questo contesto siano coinvolti anche gli Stati Uniti: “C’è qualche cosa in più rispetto al sostegno che gli Stati Uniti hanno sempre assicurato anche in passato a Israele. In passato Israele godeva del supporto degli Stati Uniti, ma gli USA operavano su Israele anche come un freno. In altre parole, il governo americano difendeva lo Stato ebraico, ma non consentiva di Israele di andare oltre una certa linea che avrebbe messo in discussione o in pericolo la reputazione degli Stati Uniti nella regione. Da un anno a questa parte noi scopriamo quello che in realtà sapevamo già, e cioè che la capacità egemonica degli Stati Uniti è clamorosamente declinata. Gli Stati Uniti non sono più in grado di moderare i propri maggiori alleati, in modo particolare gli Stati Uniti non sono più in grado di moderare Israele”.
Per il docente di relazioni internazionali, interpellato da Modem, c’è ancora una terza ragione, di più ampio spettro, relativa al superamento di queste linee rosse da parte di Israele. “Purtroppo, quello che avviene in Medio Oriente avviene dappertutto – spiega il professor Colombo - Noi non solo non siamo più capaci di negoziare ma non siamo più neppure capaci di concepire un negoziato. Questa è un’altra delle novità desolanti diciamo degli ultimi anni anche uno degli indicatori più clamorosi della crisi dell’ordine internazionale. E noi non riusciamo più a concepire la figura di un soggetto neutrale: questa è la posizione dell’UNIFIL che si trova in un posto che nel nostro immaginario non c’è più, non c’è più spazio per i neutrali nello scontro tra il bene e il male e non c’è più spazio per negoziatori. Noi non abbiamo più negoziatori e questo è un problema che per la verità noi oggi vediamo in Medio Oriente ma abbiamo visto per due anni anche in Ucraina. E questo naturalmente è un problema di ampissimo respiro”.
Libano, attacco a una torretta dell'UNIFIL
Telegiornale 16.10.2024, 20:00
L’Europa fatica a gestire i conflitti internazionali
Relativamente alla posizione dei Paesi europei, il prof. Alessandro Colombo sostiene che: “L’Europa fa molta fatica a gestire e affrontare qualunque conflitto internazionale. E tutto dipenderà dalla continuazione del conflitto. La cosa che probabilmente costituirà l’elemento più fondamentale sarà se ci sarà uno scontro diretto tra Stati Uniti e tra Israele e Iran. In questo caso è chiaro che tutta la regione sarà ripensata, tutta la regione sarà ridisegnata e anche l’Europa dovrà adattarsi a una regione che non è più quella che conosciamo. L’Europa ha margini molto stretti per tanto per cominciare perché è inevitabilmente allineata su questa questione alla posizione degli Stati Uniti, i quali, come è stato detto prima, stanno vivendo a propria volta una fase di transizione e stanno vivendo una fase di difficoltà generale della propria politica estera e in modo particolare della propria politica estera mediorientale”.