Seif ha 14 anni e si è fatto cinque mesi di carcere perché accusato di aver lanciato pietre contro soldati israeliani. Mohammad invece non era accusato di niente, ma è stato portato via dai militari nella notte e ha 12 anni soltanto. Loro sono entrambi palestinesi del campo profughi di al-Aida, a Betlemme. La loro storia è anche quella di tanti in Cisgiordania; la questione dei detenuti palestinesi è antica e mai risolta, anzi, la situazione peggiora. Nel 2023, Israele di palestinesi ne ha arrestati 11’000, più della metà solo negli ultimi tre mesi dell’anno, dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre, quindi. Per molti osservatori e per la popolazione locale si tratta di una vendetta che passa attraverso arresti arbitrari e condizioni di detenzione terribili, come spiegano le testimonianze raccolte da Naima Chicherio, inviata RSI in Israele e Cisgiordania in un reportage andato in onda a SEIDISERA:
Campo profughi di al-Aida: siamo di fronte alla casa di Seif, che con i suoi 14 anni è il più giovane dei prigionieri palestinesi scambiati con gli ostaggi israeliani lo scorso novembre. È molto che ci fa aspettare e quando le speranze stanno per sfumare la porta di apre. Neanche entrati in casa, suo padre sente il bisogno di dire la sua. È un uomo anziano, malato e che non si alza più dal letto: “Hanno detto gli facciamo solo un paio di domande. È tornato dopo cinque mesi”.
Seif ridacchia, ma ammette di aver avuto molta paura al momento dell’arresto: “Stavo dormendo quando sono arrivati i militari; sono stato interrogato e poi mi hanno portato in prigione”. L’accusa era quella di aver tirato pietre contro i soldati israeliani. “Non è vero”, ci dice Seif, che aveva già avuto a che fare con i militari.
Ci mostra le gambe: ci sono cicatrici, buchi di proiettile. “Un cecchino mi ha sparato da una torre di guardia qui fuori, alle porte del campo di al-Aida, un mese prima dell’arresto”, spiega. Un altro proiettile gli ha staccato un dito.
Seif ha avuto la fortuna di finire sulla lista dei prigionieri da scambiare con gli ostaggi. Suo fratello Adam invece è in detenzione amministrativa da cinque anni, significa che potenzialmente non uscire mai più. Di lui, inoltre, non si hanno più notizie dall’inizio della guerra.
“Ho visto detenuti picchiati, la situazione è peggiorata dopo il 7 ottobre”
A Mohammad, che è un suo amico, è andata in modo diverso. Di anni ne ha 12 e per uscire di prigione, la sua famiglia ha pagato. Lo incontriamo a casa della sua famiglia, molto numerosa. Al pianoterra vivono zii e cugini con il nonno malato. Un lamento costante che fa venire i brividi.
Lui sta di sopra, ha sei fratelli e la mamma gli dà il permesso di parlare e ci invita in casa.
Anche lui dormiva quando sono arrivati i soldati
“Me l’aspettavo – spiega –, ma solo perché qui tanti ragazzi finiscono in prigione. Era appena successo ai miei tre cugini e so che a loro hanno chiesto informazioni su di me”.
Mohammad è stato arrestato ma non ci sono accuse contro di lui.
È stata una brutta esperienza, racconta: “In prigione è terribile. Una tortura. Il cibo che ci davano era avariato. Ho visto dei detenuti che venivano picchiati. I miei compagni di cella mi hanno spiegato che la situazione è peggiorata a partire dal 7 ottobre”.
Immagine d'archivio: il campo di al-Aida, vicino a Betlemme
“Ogni palestinese ha bisogno di un dottore”
La persona giusta per parlare degli arresti dei palestinesi da parte di Israele è Abdallah Al-Zagari dell’associazione dei detenuti palestinesi, fondata 20 anni fa. Il suo ufficio è a Ramallah, ma oggi lo troviamo a Betlemme.
Racconta alla RSI di lavorare 24 ore su 24: “Credetemi. L’altra notte mi sono svegliato alle 2. Ho guardato il telefono e ho visto che avevano arrestato altre persone a Betlemme e a Jenin. Io e la mia organizzazione lavoriamo senza sosta”.
Al Zagari sostiene che Israele sta punendo tutti i palestinesi per le azioni di Hamas. È confrontato con tante emergenze. I detenuti vengono privati di acqua ed elettricità, ci dice, sono isolati, non ricevono visite né dalle famiglie, né dai loro avvocati. Neanche la Croce Rossa può far loro visita. Centinaia di uomini sono usciti con ferite e ossa rotte.
C’è qualcuno che li aiuta a superare eventuali traumi una volta usciti? “Oggi tutti i palestinesi, tutti io compreso, hanno bisogno di parlare con un dottore. Quando i detenuti vengono rilasciati, ci coordiniamo con Ministero della salute; li portiamo in ospedale e se hanno bisogno di cure o di essere operati ce ne occupiamo. I casi sono tanti. Nel 2023 Israele ha effettuato 11’000 arresti, dei quali 5’800 dopo i fatti del 7 ottobre”
Al Zagari ammette di avere pure lui paura di essere arrestato: “Sì ho paura. Perché parlo con voi giornalisti di quello che sta succedendo, e perché per gli Israeliani, l’unico palestinese buono è quello morto, quello che ormai sta sottoterra”.
Israele e quegli arresti dubbi di palestinesi
SEIDISERA 15.01.2024, 18:22
Detenuti palestinesi in Israele
La questione dei detenuti nelle carceri israeliane è molto sentita fra i palestinesi. I dati disponibili mostrano fluttuazioni importanti nel lungo periodo. Il record si è registrato molti anni fa, nel 1989, con 13’000 palestinesi detenuti. Ma, alla fine della prima Intifada, la maggior parte è stata liberata e questo grazie agli accordi successivi a quelli di Oslo. Poi è arrivata la seconda Intifada e dal 2000 le prigioni hanno nuovamente cominciato a riempirsi, con picchi di oltre 9’000 detenuti palestinesi nel 2008. Alla fine dello scorso mese di settembre, i palestinesi incarcerati erano 5’000 circa, ma nel giro delle settimane seguenti all’attacco di Hamas del 7 ottobre il loro numero è cresciuto molto. Israele ha arrestato palestinesi violenti o che hanno commesso reati, ma c’è un dato interessante: ovvero che la metà dei nuovi detenuti sono in detenzione amministrativa. Non sanno neanche loro di cosa sono accusati poiché nei loro confronti non è stata formalizzata nessuna accusa. Fra loro, sono molti i giovani e giovanissimi.