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A Montréal una "Parigi" per la biodiversità

Alla COP15 raggiunto un accordo per la protezione definito storico: proteggere il 30% del pianeta entro il 2030 – Per gli attivisti è troppo poco

  • 19 dicembre 2022, 13:13
  • 20 novembre, 14:11
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RG 12.30 del 19.12.22: le spiegazioni di Bettina Müller al microfono con Gino Ceschina

RSI Info 19.12.2022, 14:06

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Di: ATS/AFP/dielle 

La conferenza ONU sulla biodiversità, la cosiddetta COP15 che si è conclusa oggi (lunedì) a Montréal, ha adottato il principio di un "quadro globale della biodiversità", un accordo definito storico che prevede una tabella di marcia con 23 obiettivi per cercare di arrestare la distruzione della biodiversità e delle sue risorse, essenziali per l'umanità. L'accordo mira a proteggere il 30% del pianeta entro il 2030.

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Accordo storico sulla biodiversità

Telegiornale 19.12.2022, 13:30

Dopo quattro anni di difficili negoziati, dieci giorni e una notte di maratona diplomatica, più di 190 Stati, tra cui la Svizzera, hanno raggiunto l'accordo sotto l'egida della Cina, presidente della COP15, nonostante l'opposizione della Repubblica Democratica del Congo (RDC). Sono stati approvati anche altri cinque testi volti a rendere questo quadro applicabile, misurabile, efficace e, soprattutto, a finanziare gli sforzi richiesti ai Paesi in via di sviluppo.

Un passo storico, una nuova Parigi

"Insieme abbiamo fatto un passo avanti storico", ha dichiarato Steven Guilbeault, ministro dell'Ambiente del Canada, che ha ospitato il vertice. Il Commissario europeo per l'Ambiente Virginijus Sinkevicius si è mostrato altrettanto entusiasta, twittando: "Stasera stiamo facendo la storia”.

La creazione di aree protette sul 30% del pianeta, la più nota tra la ventina di misure, è stata presentata come l'equivalente in termini di biodiversità dell'obiettivo di Parigi di limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C. Ad oggi, il 17% della terra e l'8% del mare sono protetti. Ma il testo prevede anche garanzie per i popoli indigeni, custodi dell'80% della biodiversità residua della Terra e propone di ripristinare il 30% dei terreni degradati e di dimezzare il rischio di pesticidi.

E nel tentativo di risolvere l'ancora scottante questione finanziaria tra Nord e Sud, si è deciso - su proposta della Cina - di raggiungere "almeno 20 miliardi di dollari" di aiuti internazionali annuali per la biodiversità entro il 2025 e "almeno 30 miliardi entro il 2030".

Il capo delle Nazioni Unite Antonio Guterres, per raggiungere l’accordo aveva chiesto un "patto di pace con la natura", affermando che l'umanità è diventata un'"arma di estinzione di massa".

Il tempo sta per scadere: passo significativo, “ma non basterà”

Questo testo è "un significativo passo avanti nella lotta per la protezione della vita sulla Terra, ma non sarà sufficiente", ha osservato da parte sua Bert Wander dell'ONG Avaaz. "I governi dovrebbero ascoltare ciò che dice la scienza e aumentare rapidamente le loro ambizioni per arrivare a proteggere metà della Terra entro il 2030", ha aggiunto.

Altri attivisti ambientali temono invece che la scadenza sia troppo lontana nel tempo rispetto all'attuale urgenza. La premessa su cui si fonda la critica: il 75% degli ecosistemi mondiali è alterato dall'attività umana, più di un milione di specie sono minacciate di estinzione e la prosperità del mondo è a rischio: più della metà del PIL mondiale dipende dalla natura e dai suoi servizi.

Le critiche, secondo gli attivisti, sono rafforzate anche dal fatto che il precedente piano decennale firmato in Giappone nel 2010 non ha raggiunto quasi nessuno dei suoi obiettivi, in parte a causa della mancanza di reali meccanismi di applicazione. Imparando da questo fallimento, i Paesi hanno quindi adottato un meccanismo comune di pianificazione e monitoraggio con indicatori chiari, che prevede anche una possibile revisione delle strategie nazionali.

Il finanziamento al centro del dibattito

Le discussioni sono quasi crollate sulla questione finanziaria, che è rimasta al centro dei dibattiti fino alla fine, anche durante la sessione plenaria di adozione, con le obiezioni di diversi Paesi africani. Come nel caso dei colloqui sul clima svoltisi in Egitto a novembre, le divergenze hanno creato tensioni tra i Paesi ricchi e quelli del Sud del mondo. Questi ultimi, in cambio dei loro sforzi, chiedevano 100 miliardi di dollari all'anno ai "ricchi". Si tratta di una cifra pari ad almeno 10 volte gli attuali aiuti internazionali per la biodiversità.

Oltre ai sussidi, i Paesi più poveri hanno spinto con forza per la creazione di un fondo globale dedicato alla biodiversità - una questione di principio - simile a quello ottenuto a novembre per aiutarli a far fronte ai danni climatici. Su questo punto, è stato adottato il compromesso proposto dalla Cina: creare un ramo dedicato alla biodiversità all'interno del Fondo mondiale per l'ambiente, il cui funzionamento attuale è però considerato molto carente dai Paesi meno sviluppati.

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