Certo fa caldo, molto caldo, ma l'uso delle parole va ponderato e soprattutto non bisogna generalizzare: Paolo Sottocorona, titolare della rubrica meteo su La7, da anni in periodi di canicola come quello che stiamo vivendo non esita a parlare di "terrorismo termico", riferendosi agli addetti all'informazione (quasi mai suoi colleghi) che confondono gli allarmi - da dare quando è il caso - con l'allarmismo.
"Andava detto che ci saranno punte di calore in alcune zone della Sardegna, della Sicilia e della Calabria", non che "l'Italia è infuocata" quando "almeno i tre quarti delle città non ha raggiunto i 35 gradi", afferma intervistato dal Telegiornale della RSI.
Per l'esperto generare paura e preoccupazione va a colpire soprattutto le fasce più vulnerabili della popolazione, quelle che non hanno l'aria condizionata in casa e che non sanno come proteggersi.
Sottocorona non vuole però essere frainteso: che un cambiamento climatico sia in atto è incontestabile. A dirlo non è il momento attuale, ma "sono gli ultimi 20 anni in cui un anno sì e uno no, e a volte un anno sì e l'altro pure, si batte il record di temperatura. Un'escalation che non è casuale".
Anche noi facciamo "terrorismo termico"?
La domanda è stata rivolta in diretta a Marco Gaia di MeteoSvizzera, che ha risposto così: "Cerchiamo di non farlo, la nostra comunicazione non è improntata al sensazionalismo, cerchiamo di usare un tono pacato ma preciso e scientifico come si addice a un ente istituzionale". L'operato dell'Ufficio federale di meteorologia e climatologia è controllato dal Dipartimento federale dell'interno, con cui esiste un mandato di prestazione rinnovato annualmente che prevede cosa MeteoSvizzera debba fare e come. Le allerte canicola secondo gli studi, ha poi precisato Gaia, hanno ancora senso e, se associate a piani di azione concreti come quelli esistenti in vari cantoni fra cui il Ticino, aiutano a prevenire morti per caldo.