ANALISI

Combustibili, la Russia diminuisce l’export ma aumenta i ricavi

Nonostante le sanzioni per la guerra in Ucraina, il bilancio per il Cremlino nel settore energetico pare essere ancora in attivo

  • 26 ottobre 2023, 06:00
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Di: Stefano Grazioli 

Dal dicembre dello scorso anno sono in vigore da parte dell’Unione europea le sanzioni contro la Russia nel settore energetico per quel riguarda il petrolio greggio; dal febbraio di quest’anno anche per prodotti petroliferi raffinati, con però alcune eccezioni. Provvedimenti restrittivi erano stati già introdotti con il divieto di importazione di carbone russo e altri combustibili solidi.

Per ciò che concerne il gas non ci sono state invece restrizioni, né per il trasporto attraverso pipeline, né per quello del gas naturale liquefatto (GNL), ma il flusso da Mosca verso Occidente si è notevolmente ridotto, sia perché il Cremlino ha bloccato l’export attraverso il gasdotto Yamal che riforniva l’Europa centrale arrivando in Polonia, sia perché il doppio gasdotto sotto il Mar Baltico che collegava direttamente Russia e Germania è stato sabotato nel settembre del 2022.

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Sabotaggio Nordstream, nuova pista

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Niente sanzioni sul gas

Le indagini ufficiali non sono arrivate per ora a una conclusione, ma gli indizi raccolti dalla Procura generale tedesca, le inchieste mediatiche internazionali e le informazioni trapelate dall’intelligence statunitense hanno indicato la pista che porta a Kiev come la più probabile. Attraverso l’Ucraina passa anche l’unico gasdotto ancora attivo per il trasporto di gas russo verso l’Europa. Nonostante le sanzioni e il blocco delle vie sul lato occidentale, la Russia continua ad esportare idrocarburi e combustibili fossili in tutto il mondo, con una diversificazione maggiore verso l’Asia, Cina e India in particolare, mentre diversi Paesi europei continuano a importare gas russo, sia attraverso i tubi, sia GNL. 

Chi compra dalla Russia?

Secondo quanto registrato dal CREA (Center for Research on Energy and Clean Air), istituto che monitora il mercato energetico mondiale, da quando è stato implementato il divieto di importazione da parte dell’UE, la Turchia è stata il maggiore acquirente dalla Russia, acquistando il 25% dei prodotti petroliferi di Mosca, seguita da Cina (12%) e Arabia Saudita (10%). Per quel riguarda il greggio la Cina è stato il maggiore importatore (47%), seguita da India (32%), da alcuni Stati dell’UE (7%) e dalla Turchia (3%).

Le importazioni di petrolio greggio dall’Unione europea dal 2022 sono arrivate via mare in Bulgaria e tramite oleodotti verso Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria. La Bulgaria ha ricevuto un’esenzione dal divieto di importazione di petrolio russo e anche il petrolio proveniente dagli oleodotti nell’Ue non è sanzionato. Per il carbone a settembre 2023, la Cina è stato il maggiore acquirente (45%) seguita da India (17%) e Corea del Sud (12%). Se in Europa arriva meno gas di prima dalle pipeline, l’Unione europea è stata negli ultimi dodici mesi il maggiore acquirente di gas naturale liquefatto, acquistando il 50% delle esportazioni russe, seguita da Cina (23%) e Giappone (16%). Anche comunque attraverso i gasdotti l’Ue ha ricevuto il 41% dell’export russo, seguita da Turchia (29%) e Cina (21%), comunque in grande ascesa.

Diminuisce l’export, aumentano i ricavi

Se la tendenza del volume delle esportazioni russe di combustibili fossili è in discesa, il rialzo dei prezzi continua a sostenere l’economia di Mosca. Stando ai dati del CREA a settembre il volume dell’export è giunto al livello mensile più basso registrato dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina; tuttavia, i ricavi sono aumentati per il secondo mese consecutivo a causa dell’aumento dei prezzi del petrolio e dal non funzionamento del tetto applicato ai prezzi del greggio, fissato a 60 dollari al barile.

Ad esempio: le esportazioni mensili della Russia di petrolio greggio trasportato via mare sono diminuite del 3% in termini di volume, ma i ricavi sono aumentati del 10%. Inoltre, secondo il Ministero delle Finanze russo, settembre ha visto un aumento del 24% e del 34% rispettivamente nelle entrate provenienti dalle tasse sulle estrazioni minerarie e dai dazi sulle esportazioni. Insomma, alla fine dei conti il bilancio per il Cremlino nel settore energetico pare essere ancora in attivo e anche per l’economia nel suo complesso che secondo le previsioni del Fondo monetario internazionale aggiornate a ottobre crescerà nel 2023 del 2,2% e nel 2024 dell’1,1%, in un contesto internazionale che vede le economie avanzate occidentali crescere complessivamente quest’anno dell’1,5% e l’anno prossimo del 1,4%, ma con eccezioni come la Germania, che nel 2023 scenderà dello 0,5% per poi risalire nel 2024 solamente dello 0,9%.

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