Si inaspriscono ulteriormente i toni tra Turchia e Israele, mentre la crisi tra i due Paesi è diventata ancora più profonda dopo che il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha evocato la possibilità di invadere lo Stato ebraico. Se Israele vede nel futuro del presidente turco il baratro dove è caduto Saddam Hussein (l’ex presidente dell’Iraq, giustiziato nel 2006), secondo la Turchia il premier israeliano, Benyamin Netanyahu, farà la fine del nazista Adolf Hitler.
“Come è finito il genocida Hitler, allo stesso modo finirà il genocida Netanyahu. Come i nazisti sono stati ritenuti responsabili, anche coloro che distruggono i palestinesi saranno ritenuti responsabili”, ha dichiarato il ministero degli Esteri di Ankara, rispondendo al capo della diplomazia israeliana, Israel Katz, secondo il quale, minacciando di attaccare Israele, Erdogan stava seguendo le orme di Saddam Hussein. “Lasciategli solo ricordare cosa è successo lì e come è finita”, ha scritto il ministro degli Esteri di Netanyahu, mentre il leader dell’opposizione nella Knesset, Yair Lapid, ha affermato che “Israele non accetterà minacce da un aspirante dittatore”.
La nuova rottura tra Turchia e Israele, che si trovano in crisi a partire dall’attacco di Hamas del 7 ottobre, arriva dopo che Erdogan si è spinto dove mai era arrivato prima, minacciando l’invasione di Israele. “Come siamo entrati nel Karabakh e in Libia, potremmo fare lo stesso con loro. Niente è impossibile. Dobbiamo essere forti per fare tali passi”, ha dichiarato il leader turco, citando l’invio delle truppe di Ankara in Libia a partire dal 2020 e il sostegno militare offerto all’Azerbaigian, nello stesso anno, durante il conflitto con l’Armenia nella regione disputata del Nagorno-Karabakh.
Mentre non ci sono state reazioni da parte degli Alleati della Turchia nella NATO, dall’Unione europea o dagli Stati Uniti, le dichiarazioni del Sultano non sono passate inosservate e hanno ricevuto l’attenzione della stampa internazionale, sebbene non siano state rilasciate a reti unificate ma durante una riunione della sezione provinciale del partito Akp del leader turco a Rize, la città sul Mar Nero di cui la famiglia di Erdogan è originaria.
Molti analisti turchi non ritengono comunque che le parole del presidente siano da prendere alla lettera. “Se avesse voluto dare un annuncio così critico non sarebbe stato ad un incontro provinciale dell’Akp a Rize ma dopo una riunione di gabinetto o un incontro del Consiglio di Sicurezza”, ha affermato Yusuf Erim, direttore di Trt World, canale in lingua inglese della tv di Stato turca e noto per le sue posizioni fortemente filo governative.
Le frasi di Erdogan sono in linea con la retorica che ha tenuto dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre e che è stata inasprita in seguito alla sconfitta alle amministrative di marzo in Turchia. Dopo avere perso varie città a favore di un partito di opposizione di area islamista e molto critico contro Israele, lo Yeniden Refah Partisi, il presidente turco non solo ha accentuato le sue invettive contro Netanyahu, per cercare di recuperare consenso in patria, ma ha anche dichiarato in maggio la fine del commercio con Israele, che finora resta il passo concreto più netto da parte di Ankara contro lo Stato ebraico.
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