La controffensiva ucraina è ormai iniziata da qualche giorno e quale sarà il suo esito è ancora tutto da vedere: il presidente ucraino Volodymyr Zelensky continua a ripetere che l’obbiettivo è quello di respingere i russi fuori dal Donbass e dalla Crimea, ripristinando i confini anteriori al 2014. Quella che si combatte dal 2014 nel sud-est del Paese e su larga scala dopo l’invasione russa del 2022 è una guerra di logoramento ed è probabile che non ci saranno in questo contesto improvvisi cambiamenti del fronte. Le incognite sul risultato della controffensiva riguardano il potenziale difensivo della Russia, che nel corso dei mesi invernali ha organizzato le difese, e quello offensivo dell’Ucraina: questo dipende in sostanza dagli aiuti dei Paesi occidentali, senza i quali Kiev non avrebbe potuto difendersi come ha fatto sino ad ora né adesso potrebbe contrattaccare.
Chi fornisce le armi?
Dietro l’Ucraina c’è la NATO e i principali fornitori sono i paesi dell’Alleanza atlantica trainata naturalmente dagli Stati Uniti. L’Istituto per l’economia mondiale di Kiel, in Germania, ha tenuto il conto del sostegno complessivo dato dal febbraio dello scorso anno, diviso in tre categorie fondamentali di aiuti: strettamente militari, ossia l’invio diretto di armi, munizioni e sistemi di difesa; aiuti umanitari e finanziari. Nel primo anno del conflitto, sino al febbraio 2023, l‘Ucraina ha ricevuto aiuti per oltre 170 miliardi di euro, il 43 percento dei quali, cioè circa 72 miliardi, in armi. La parte del leone la fanno naturalmente gli Stati Uniti, che sino a febbraio avevano stanziato circa 43 miliardi in aiuti militari. Poi c’è la Gran Bretagna, a debita distanza, con circa 2,5 miliardi, terza è la Germania, con 2,4 miliardi, via via a scalare tutti gli altri paesi dell’alleanza Atlantica.
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Dagli HIMARS agli F-16
La varietà delle forniture è molteplice, si va munizioni di ogni genere alle armi leggere e pesanti, dai veicoli da combattimento ai sistemi anticarro e antimissile, dai radar ai droni. Negli scorsi mesi sono arrivati a Kiev anche i primi aerei, vecchi MiG di epoca sovietica che erano a disposizione di alcuni Stati dell’est entrati poi nella NATO. Adesso la questione diventata fondamentale anche per la controffensiva è quella degli F-16 di produzione statunitense: allo scorso G7 in Giappone gli Stati Uniti hanno confermato che i caccia da combattimento faranno parte in futuro delle forniture all’Ucraina, ma per ora non si conoscono né numeri né tempistica ed è probabile che ci vogliano ancora mesi, sino a dopo l’estate, considerando anche il periodo di addestramento cui devono essere sottoposti i piloti ucraini. Nel corso del conflitto gli aiuti occidentali, dai lanciarazzi HIMARS ai carri armati Leopard, hanno aiutato l’Ucraina, come quando lo scorso autunno Kiev ha recuperato terreno a sud di Kharkiv e verso Kherson, ma non si sono rivelati decisivi per cambiare il corso della guerra, nella quale contano appunto non solo di armi, il loro numero e e loro qualità, ma anche gli uomini e le strategie.
Il problema delle munizioni
Quello delle munizioni è forse il problema più attuale, sia per l’Ucraina, ma anche per la Russia, con lo stesso Putin che ha dichiarato pubblicamente di averne bisogno in maggiore quantità. Nel contesto di un conflitto di lungo periodo l’industria bellica occidentale ha necessità di aumentare la produzione, sia per rifornire Kiev, sia per non lasciare sguarniti i Paesi della NATO. Non è un caso che l’Alleanza atlantica si stia coordinando con le grandi aziende sul mercato mondiale che producono munizioni, ma anche mezzi militari, droni e sistemi missilistici, per pianificare fabbricazione e forniture nei prossimi mesi.
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