“Siamo arrivate qui di corsa io e mia madre. Mio padre aveva una pistola puntata alla testa. Mi sono messa a gridare e l’ho tirato per un braccio. Le mie lacrime gli hanno salvato la vita…alla fine i miliziani filo-russi ci hanno lasciati andare”.
A raccontare alla RSI la sua testimonianza è Vlada, giovane abitante del Donbass, che all’interno di un commissariato di Sloviansk ripercorre i ricordi di quel primo giorno di guerra. Nel 2014 alcuni manifestanti armati si impadronirono di palazzi governativi dell’Ucraina orientale, nella regioni di Donetsk, Lugansk e Charkiv. Separatisti filo-russi chiesero poi un referendum in merito allo statuto delle loro regioni in Ucraina e ad aprile la Repubblica Popolare di Donetsk e la Repubblica Popolare di Lugansk si autoproclamarono indipendenti. Le tensioni sfociarono in un conflitto vero e proprio tra secessionisti e il Governo ucraino.
Vlada a quei tempi aveva 15 anni. Non ricorda tutto di quel periodo ma l’impatto psicologico è stato forte. Da allora fa parte di un’organizzazione civile che sostiene l’esercito di Kiev.
A Sloviansk, nonostante le tensioni in continuo aumento, la vita apparentemente va avanti. Gli abitanti cercano una normalità che però non sempre è possibile trovare, in una regione dove il conflitto avrebbe fatto finora 15'000 morti.
In cima all’articolo, il reportage dal Donbass dei nostri collaboratori Emanuele Valenti e Claudio Maggiolini, trasmesso durante il Telegiornale.