Un attacco aereo israeliano contro un’auto nei pressi di Rafah, nel sud di Gaza, ha ucciso domenica due giornalisti palestinesi che stavano facendo un reportage, affermano funzionari sanitari di Gaza e del sindacato dei giornalisti. Hamza Al-Dahdouh e Mustafa Thuraya erano entrambi freelance. Un terzo freelance, Hazem Rajab, è stato ferito.
Al-Dahdouh aveva lavorato come freelance per Al Jazeera ed era il figlio del capo dei corrispondenti dell’emittente televisiva del Qatar, Wael Al-Dahdouh.
Al Jazeera Media Network ha condannato l’uccisione dei due giornalisti e ha dichiarato che si è trattato di un attacco deliberato. “Esortiamo la Corte penale internazionale, i governi, le organizzazioni per i diritti umani e le Nazioni Unite a ritenere Israele responsabile dei suoi atroci crimini e a chiedere la fine dell’uccisione di giornalisti”, ha dichiarato la rete.
Le Forze di Difesa Israeliane non hanno risposto immediatamente alle richieste di commento sull’attacco o sull’affermazione della rete televisiva, secondo cui i due giornalisti sarebbero stati deliberatamente messi nel mirino. In una dichiarazione del 16 dicembre, in risposta alla morte di un altro giornalista di Al Jazeera a Gaza, le Forze di Difesa Israeliane (IDF) avevano affermato che “l’IDF non ha mai, né mai prenderà deliberatamente di mira giornalisti”.
La guerra tra Israele e Hamas, iniziata il 7 ottobre, è letale anche per i giornalisti. Il Comitato per la Protezione dei Giornalisti (CPJ), un organo di controllo internazionale, ha dichiarato che già 77 giornalisti e operatori dei media sono stati uccisi: 70 palestinesi, 4 israeliani e 3 libanesi. L’ufficio per i media del governo di Gaza, gestito da Hamas, ha dichiarato che le due nuove morti hanno portato a 109 il numero dei giornalisti uccisi dall’offensiva israeliana.
Un video pubblicato su un canale YouTube collegato ad Al Jazeera mostra Wael Al-Dahdouh che piange accanto al corpo del figlio e gli tiene la mano. Più tardi, dopo la sepoltura del figlio, ha dichiarato in televisione che i giornalisti di Gaza avrebbero continuato a fare il loro lavoro. “Tutto il mondo deve vedere ciò che sta accadendo qui”, ha detto. Wael Al-Dahdouh è particolarmente noto ai telespettatori di tutto il Medio Oriente. Il mese scorso ha appreso durante una trasmissione in diretta che sua moglie, un altro figlio, una figlia e un nipote erano stati uccisi in un attacco aereo israeliano.
Tra i giornalisti morti per coprire il conflitto c’è Issam Abdallah, giornalista di Reuters visuals. Cittadino libanese, secondo un’inchiesta della Reuters, è stato ucciso il 13 ottobre da una squadra di carri armati israeliani mentre filmava bombardamenti transfrontalieri in Libano.
Jenin, uccisi 7 palestinesi e un’agente della Guardia di frontiera
Sette palestinesi sono stati uccisi domenica a Jenin nel corso di un’incursione dell’esercito israeliano. Lo riferisce l’agenzia di stampa palestinese Wafa, aggiornando un precedente bilancio. Fonti locali riferiscono che 4 di loro erano miliziani di Hamas e un quinto era di al Fatah. Un altro palestinese, aggiunge la Wafa, è stato ucciso dall’esercito israeliano nel villaggio di Abwein, presso Ramallah.
Al tempo stesso si è appreso che a Jenin è rimasta uccisa anche un’agente della Guardia di frontiera israeliana quando il veicolo sul quale viaggiava è stato investito dall’esplosione di un ordigno nascosto lungo la strada. Feriti anche altri tre agenti, uno dei quali in modo grave.
Cisgiordania, bambina uccisa dai proiettili dei militari
Inoltre, presso Ramallah un arabo-israeliano è stato ucciso in un agguato teso da miliziani palestinesi che sono fuggiti. Lo rende noto l’esercito israeliano, che sta dando la caccia ai responsabili, mentre una bambina palestinese di 4 anni è rimasta uccisa a Bidu dal fuoco di militari israeliani, nel secondo attentato palestinese della giornata su arterie della Cisgiordania. Lo afferma l’agenzia di stampa palestinese Maan secondo cui è stata colpita dal fuoco di agenti della Guardia di frontiera in direzione dell’automobile di un palestinese che aveva appena travolto due agenti. L’autista è stato ‘‘neutralizzato’‘ e le sue condizioni non sono note. Un’agente israeliana è rimasta ferita in modo non grave.
“Più di mille bimbi amputati in tre mesi”
Dal 7 ottobre, più di mille bambini della Striscia di Gaza hanno perso una o entrambe le gambe in interventi di amputazione spesso senza alcuna anestesia. Sono più di dieci bambini al giorno che non potranno più correre, saltare a corda, giocare a pallone, andare in bicicletta. Vittime dell’orrore senza fine di un conflitto che da tre mesi si abbatte senza alcuna pietà sui più piccoli. L’agghiacciante dato arriva da Save The Children che cita in una nota i numeri diffusi dall’Unicef.
Molte di queste amputazioni - afferma l’Ong - sono state effettuate senza anestesia a causa della paralisi del sistema sanitario nella Striscia e della grave carenza di medici e infermieri e di anestetici e antibiotici. E per la mancanza di energia elettrica, nel nord dell’enclave si curano i feriti con la luce fioca delle torce, raccontano i volontari della Mezzaluna Rossa Palestinese (Prcs) impegnati a Jabalia.
“Ho visto medici e infermieri completamente sopraffatti mentre i bambini arrivavano con ferite da esplosione. L’impatto nel vedere i piccoli soffrire così tanto e non avere le attrezzature e le medicine per curarli o alleviare il dolore è troppo forte anche per i professionisti più esperti”, racconta Jason Lee, direttore di Save the Children nei Territori palestinesi occupati. “Anche in una zona di guerra, la vista e la voce di un bambino mutilato dalle bombe non possono essere accettati né tantomeno compresi”.
“La sofferenza dei bambini in questo conflitto è inimmaginabile e lo è ancora di più perché è inutile e assolutamente evitabile”, accusa il dirigente dell’organizzazione. “Questa sofferenza, l’uccisione e la mutilazione dei bambini sono considerate come gravi violazioni, e i responsabili devono essere chiamati a risponderne. Se la comunità internazionale non interviene per far fronte alle proprie responsabilità ai sensi del diritto internazionale umanitario e per prevenire i crimini più gravi, la storia ci giudicherà tutti”, è il monito dell’organizzazione: “Solo un cessate il fuoco definitivo porrà fine a tutto questo e consentirà l’arrivo degli aiuti umanitari, di cui c’è disperato bisogno”, conclude l’Ong.
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