Il rinvio a data da destinarsi del vertice di Rammstein, in Germania, dove Volodymyr Zelensky avrebbe voluto illustrare agli alleati europei il suo piano per la vittoria, ha costretto il presidente ucraino a fare un piccolo tour de force in mezza Europa. Nel giro di due giorni Zelensky si è incontrato con il primo ministro britannico Starmer, il capo di Stato francese Macron, la premier italiana Meloni e il cancelliere tedesco Scholz. A Rammstein sarebbe dovuto arrivare anche Joe Biden, che impegnato però con i problemi interni causati dall’uragano Milton aveva disdetto per primo la riunione, poi annullata completamente. Un paio di settimane fa, negli Stati Uniti, Zelensky aveva già parlato del piano sia a Biden che ai suoi possibili successori, Kamala Harris e Donald Trump; in questi giorni ne ha discusso con i principali leader europei, perorando la causa ucraina in un momento di estrema difficoltà. Se sul terreno le truppe di Kiev sono in crescente sofferenza soprattutto nel Donbass, a livello diplomatico l’iniziativa del presidente ucraino pare si stia scontrando contro un muro di gomma, al di là come al solito delle dichiarazioni di rito sul sostegno occidentale contro l’aggressione russa.
I dubbi sul piano della vittoria
Il piano della vittoria ucraino, che secondo lo stesso Zelensky dovrebbe servire a terminare la guerra già il prossimo anno, con la sconfitta di Mosca, non sembra avere suscitato troppo entusiasmo nelle cancellerie occidentali. Benché non sia stato formulato pubblicamente in maniera puntuale, se ne conoscono i punti chiave generali, che vanno dall’ingresso della NATO dell’Ucraina, con l’invito che secondo i desideri di Kiev dovrebbe arrivare già il prossimo anno, all’ulteriore aiuto militare, con il via libera all’utilizzo di armamenti occidentali per colpire in profondità in territorio russo, passando per un maggiore appoggio economico, anche nella prospettiva della ricostruzione del paese. Da Washington alle capitali europee il piano è stato accolto con cautela e non ci sono stati cambiamenti di linea: la questione dell’ingresso nell’Alleanza Atlantica può essere presa in considerazione solo al termine del conflitto e non è certo all’ordine del giorno; l’uso di sistemi missilistici a lungo raggio, come gli Storm Shadow/Scalp di produzione anglo-francese o i Taurus tedeschi non è stato concesso, sia perché l’Occidente teme l’escalation con la Russia, sia perché è considerato un game changer; l’appoggio economico prosegue, anche se come visto nel passato rimane sempre il gap tra quanto viene deciso e quanto arriva direttamente nelle casse di Kiev.
Le incertezze sull’entità degli aiuti
Secondo gli ultimi dati dell’”Ukraine Support Tracker” dell’Istituto per l‘economia mondiale di Kiel, in Germania, dall’inizio del conflitto i paesi europei ha assegnato all’Ucraina oltre 160 miliardi di euro in aiuti finanziari, 110 dei quali devono ancora trovare la via di Kiev. L’Ucraina secondo l’istituto tedesco si trova inoltre ad affrontare tempi incerti in termini di sostegno da parte dei suoi alleati occidentali, dato che un secondo mandato per Trump come presidente degli Stati Uniti o la sostituzione degli aiuti europei con sovvenzioni NATO o prestiti provenienti dai proventi dei beni russi congelati potrebbero indebolire seriamente Kiev. Il prossimo anno è stato annunciato che sarà l’Italia ad organizzare la conferenza per la ricostruzione, i cui costi sono stati stimati in oltre 700 miliardi dollari, anche se la cifra è in costante aumento visto che la guerra prosegue.
I partiti della pace e della guerra
Durante gli incontri in Europa, Zelensky ha sottolineato l’urgenza degli aiuti occidentali, militari e finanziari, per la riuscita del suo piano, che però rimane lontano dalla sua realizzazione: anche su quelli che a Kiev sono considerati elementi decisivi per la riuscita c’è lo scetticismo almeno di quelle frange dell’alleanza occidentale, al momento proprio gli USA di Biden e la vecchia Europa, di Macron e Scholz, che ritengono che il piano non sarà comunque in grado di ribaltare il tavolo e condurre alla vittoria l’Ucraina; viceversa i maggiori sostenitori di Zelensky, dalla Gran Bretagna alla Polonia e ai paesi baltici, vorrebbero concedere maggiori aiuti proprio per puntare alla sconfitta definitiva di Mosca. Anche all’interno dell’alleanza occidentale c’è insomma chi sta prendendo in considerazione la via di un compromesso e chi invece lo esclude, mettendo in conto un’escalation diretta anche tra Russia e NATO. Se era stato lo stesso Zelensky a prospettare un summit per la pace a fine novembre con la partecipazione della Russia, proprio da Kiev è arrivata l’ammissione che la questione è rimandata. Per varie ragioni, tra le quali c’è sicuramente quella di vedere chi sarà il prossimo inquilino della Casa Bianca, che dovrà in ogni caso rimodulare la strategia non solo statunitense, ma di tutta l’Alleanza atlantica, per tentare di risolvere il conflitto in Ucraina, con scelte meglio definite, in una direzione o nell’altra.
La tournee europea di Zelensky
Telegiornale 11.10.2024, 12:30