La presa di Vuhledar da parte delle truppe russe all’inizio di ottobre segna in qualche modo la fine della campagna estiva e contemporaneamente l’inizio di quella invernale: le forze del Cremlino non sembra abbiano intenzione di fermarsi e pare vogliano sfruttare il momento di debolezza ucraino sul fronte del Donbass, dopo che negli ultimi mesi avevano accelerato l’offensiva sul perimetro esterno dei territori già conquistati nelle regioni di Lugansk e Donetsk.
La Russia ha aumentato la pressione sull’intera linea e i combattimenti più duri continuano sulle direttrici che conducono a ovest e nord di Donetsk verso Kurakhove, Toretsk, Kostantinivka, Pokrovsk e Chasiv Yar. La spinta si è fatta maggiore dopo l’inizio dell’incursione ucraine nell’oblast russo di Kursk: tre mesi fa è iniziata l’operazione ucraina che se inizialmente ha colto di sorpresa Mosca, poi è stata tenuta sotto controllo.
La caduta di Vuhledar nel Donbass
SEIDISERA 02.10.2024, 18:49
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La trappola di Kursk
Quella che doveva trasformarsi nella carte vincente di Kiev per sparigliare le carte sul terreno e sul percorso verso la risoluzione del conflitto, secondo le intenzioni dichiarate del presidente Volodymyr Zelensky, non ha dato per adesso i suoi frutti e si sta trasformando invece in una trappola che sta mettendo in ulteriore difficoltà l’esercito di Kiev nel Donbass. La Russia ha tenuto da una parte sotto controllo la manovra ucraina, ne ha saggiato la tenuta accennando al respingimento in settembre e ora l’intenzione sembra essere quella di voler usurare le unità di Kiev impegnate nella regione; la speranza ucraina che Mosca spostasse le difese dal fronte del Donbass per difendere Kursk non si sono realizzate e la Russia ha pescato riserve altrove, continuando la marcia dove Kiev si è indebolita. In questa fase del conflitto la tattica russa si sta dimostrando più efficace di quella ucraina e i vertici militari di Mosca più efficienti di quelli di Kiev.
I vantaggi di Mosca
Il Cremlino sta godendo sostanzialmente di due vantaggi: da una parte c’è quella che è, ancora, la superiorità sul terreno, fatta da vari elementi che possono essere sintetizzati con la formula delle maggiori risorse disponibili, militari, tecnologiche e umane, che l’Ucraina per diverse ragioni, tra cui gli aiuti insufficienti da parte degli alleati occidentali, non riesce a contrastare; dall’altra parte Vladimir Putin e i vertici militari sempre coordinati dal generale Valery Gerasimov approfittano delle difficoltà interne a Kiev, dove Zelensky non pare avere tutto sotto controllo né a livello politico né militare, con dissidi che sempre più di frequente vengono allo scoperto.
Mentre a Mosca, nonostante la vicenda di Kursk, il Cremlino gode ancora di una buona stabilità, a Kiev la Bankova perde sempre più consenso e mostra le crepe interne. Zelensky, tra l’azzardo dell’operazione in Russia e il viaggio diplomatico negli Stati Uniti con il cosiddetto piano della vittoria che si è tramutato in un fiasco, ha sicuramente l’alibi del sostegno mancante degli alleati, ma non è scevro di responsabilità.
La pace lontana
È per questi motivi che la Russia ha allontanato le prospettive di pace, chiudendo al dialogo, prima con l’inizio dell’incursione a Kursk, poi approfittando dell’avanzata nel Donbass: l’obbiettivo di Putin è sempre quello di guadagnare terreno, nell’ottica della guerra di logoramento che potrà andare avanti ancora per molto. Almeno sino a quando non verrà trovato un compromesso, che però in questo momento anche Zelensky non pare voler prendere in considerazione. Il suo piano della vittoria e la conferenza per la pace a cui dovrebbe partecipare anche la Russia e che dovrebbe tenersi a novembre, dopo le elezioni negli Stati Uniti, sono ancora in alto mare: l’obbiettivo di Kiev è ancora quello di recuperare i territori già persi nel 2014, dal Donbass alla Crimea, ma la realtà sul campo al momento è un’altra ed è con questa che si devono fare i conti.
La Russia ha aumentato le spese militari per il 2025 a livello record, con circa il 30% in più rispetto a quest’anno, e nella chiamata autunnale alla leva ha reclutato, come nel 2023, circa 130’000 russi, con gli effettivi a disposizione sempre intorno a 1,5 milioni di unità: cifre con cui al momento l’Ucraina non può veramente confrontarsi, alla luce dei tentennamenti di USA e NATO, nonostante la retorica del sostegno assoluto. Il Cremlino è in attesa di sapere quale sarà il prossimo inquilino della Casa Bianca, che all’inizio del prossimo anno dovrà tirare le somme e rimodulare la strategia se vorrà dare una svolta, in un modo o nell’altro al conflitto. Nel frattempo, con un occhio a Kursk, avanza nel Donbass prima che l’inverno rallenti le operazioni.