Un mese fa, nella notte tra il 5 e il 6 agosto, l‘Ucraina ha dato il via all’offensiva nella regione russa di Kursk. Sia nel 2023 che nella primavera di quest’anno vi erano stati dei raid analoghi, anche prolungati, da parte di unità paramilitari affiliate all’esercito di Kiev, che però si erano esauriti al massimo dopo qualche settimana, senza alcun risultato. Questa volta l’operazione ordinata dal presidente Volodymyr Zelensky è cominciata su più larga scala, coordinata dal capo delle forze armate ucraine, il generale Olexandr Syrsky, e ha colto di sorpresa le difese russe. Le truppe ucraine, stimate nel corso di agosto tra le 10’000 e le 30’000 unità, sono penetrate sino a un raggio circa di 20-25 km oltre la frontiera, portando sotto il proprio controllo decine di villaggi, tra i quali Sudzha, un paese di circa 5’000 abitanti, dove è situata la stazione di misurazione del gas di transito in direzione dell’Europa. Dopo l’avanzata ucraina della prima settimana la Russia è riuscita a contenere l’offensiva, dalla metà di agosto la situazione si è stabilizzata e Mosca si è adoperata appunto solo per la limitazione dei danni, senza forzare per il respingimento immediato. Il quadro è ora sostanzialmente in stallo.
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Gli obbiettivi ucraini
Nel corso dell’operazione sono state diverse le dichiarazioni da parte ucraina, sia dei vertici militari che politici, sugli obbiettivi da raggiungere: sia Zelensky che Syrsky hanno parlato della volontà di costringere la Russia a modificare la propria tattica, spostando truppe dalla linea offensiva del Donbass a quella difensiva di Kursk. Negli ultimi mesi Mosca ha accresciuto la pressione sul fronte orientale e dopo la presa di Avdiivka lo scorso febbraio le truppe del Cremlino hanno cercato di allargare il perimetro dei territori già conquistati, spingendo sull’acceleratore verso ovest. Nel mese di agosto l’offensiva russa, contrariamente a quanto sperato a Kiev, non ha rallentato, ma si è velocizzata, tanto che le forze di Mosca sono arrivate rapidamente nei pressi di Pokrovsk, centro strategicamente importante per la logistica di difesa ucraina. La Russia ha rafforzato la difesa a Kursk, ricorrendo in parte a unità trasferite sia dal Donbass, ma anche alle riserve localizzate altrove; l’Ucraina è rimasta di fatto indebolita da una parte e dall’altra non pare di avere la forza di sfondare.
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La reazione russa
Secondo Zelensky altri due scopi dell’incursione erano quelli di arrivare a un eventuale tavolo delle trattative con la Russia da una posizione di forza e di dimostrare la vulnerabilità delle difese russe mettendo in difficoltà il Cremlino sul lato interno. La reazione di Mosca è stata da un lato quella di dichiarare che in questa situazione ogni tipo di trattativa viene esclusa, dall’altro Vladimir Putin non è parso preoccuparsi più di tanto della simbologia, cioè della prima invasione della Russia dalla fine della Seconda guerra mondiale, ma ha preferito proseguire con la strategia di sempre, come se nulla fosse. Nel contesto della guerra di logoramento, Kursk è stato relegato a episodio marginale e incidente di percorso, controllabile, e gli attacchi, da quelli di terra nel Donbass ai bombardamenti con droni e missili sempre più intensi in tutto il paese, sono rimasti la priorità.
Il fronte meridionale
Oltre a quelli di Kursk e del Donbass, c’è il terzo fronte, quello meridionale, tra le regioni di Zaporizhia e Kherson. Qui avrebbe dovuto avvenire la controffensiva ucraina lo scorso anno, bloccatasi quasi prima di partire sulla linea Surovikin, dal nome del generale russo che ha approntato la difesa. Nel corso dell’estate in questa zona sono stati segnalati ripetuti movimenti ucraini che avrebbero potuto fare pensare anche a un nuovo tentativo di sfondamento, ma con l’apertura del fronte di Kursk e le difficoltà nel Donbass è improbabile che questo accada: la Russia è in posizione difensiva e di controllo, l’Ucraina non ha forze sufficienti a disposizione e sul lungo periodo anche questa linea rischia di indebolirsi. Kiev comunque è ancora in attesa di un permesso da parte degli alleati occidentali per colpire obbiettivi specifici in territorio russo e una lista di questi sarebbe già in discussione a Washington; difficile però che in tempi brevi il conflitto cambi il corso intrapreso: le prossime settimane e i prossimi mesi, meno a Kursk e più nel Donbass, saranno determinanti nello stabilire da che parte volgerà il pendolo verso la conclusione del terzo anno di guerra.
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