ANALISI

L’incognita Biden

Si intensificano le pressioni, dopo l’esito per lui deludente del dibattito con Trump, affinché lasci la corsa delle presidenziali. Ma con quali prospettive?

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Il capo della Casa Bianca ha attribuito ai troppi viaggi la scarsa performance emersa dal dibattito con l'avversario

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Di: RG

“Se mi sono quasi addormentato sul palco, è perché nelle ultime due settimane ho fatto il giro del mondo un paio di volte”. Il presidente statunitense Joe Biden ha così motivato la sua performance, giudicata cattiva da tutto il campo democratico, nello scontro televisivo con Donald Trump della scorsa settimana. “Non è una scusa, ma una spiegazione”, ha aggiunto poche ore fa, nel tentativo di placare commenti e preoccupazioni circa la sua lucidità, ma forse soprattutto le richieste di deputati democratici e donatori di ritirarsi dalla corsa alla Casa Bianca. Ma quanto può essere efficace? Una domanda che giriamo a Mario del Pero, docente di storia e politica estera USA all’Istituto di studi politici di Parigi

Non credo che sia efficace come risposta politica, come strategia elettorale. Le preoccupazioni sull’età di Biden, sulla sua scarsa lucidità, sono preoccupazioni che predatavano il dibattito che c’è stato con Trump. E sono preoccupazioni diffuse anche tra l’elettorato democratico. Quel dibattito, in teoria, serviva per smentire queste preoccupazioni, per mostrare al Paese che Biden è lucido e capace di svolgere il suo lavoro. Invece ha sortito l’effetto opposto e adesso si cerca di metterci una pezza. In realtà la strategia elettorale, se Biden dovesse rimanere candidato democratico, sarà quella di enfatizzare la paura verso Trump, la minaccia che Trump rappresenterebbe per la democrazia statunitense. Si fa fatica invece a contenere le preoccupazioni per l’anagrafe, per l’età di Biden e lo stato di evidente affaticamento del presidente.

Biden sembra ormai fra i pochi a difendere la sua candidatura. Aumentano anzi le voci che affermano che non sono affatto episodi isolati. Finirà che lo abbandoneranno tutti?

No, non lo abbandoneranno. Non potrà abbandonarlo nessuno, se rimarrà lui il candidato. Ed è lui che adesso può decidere se farsi da parte o meno, perché è lui che ha i delegati ottenuti durante queste finte primarie che lo hanno incoronato candidato democratico. È lui che ha questi delegati, è lui che eventualmente può liberare il voto di questi delegati alla convention di Chicago di agosto. Fa impressione vedere dei media molto vicini a Biden e ai democratici, a partire dal New York Times, che hanno alzato un fuoco di fila per cercare di fare una pressione su Biden e per convincerlo a farsi da parte con editoriali, interventi anche di firme prestigiose. Per il momento queste pressioni non hanno sortito effetti e saranno Biden e i suoi famigliari, che da quanto pare di capire sono le uniche persone che lui ascolta, a decidere in ultimo cosa fare.

Fino a che punto, secondo lei, i repubblicani potranno sfruttare questi episodi nei quali le difficoltà di Biden sono evidenti?

Io credo che sia una risorsa elettorale molto molto importante per i repubblicani. Forse la più importante di cui dispongono. Perché le preoccupazioni per l’età di Biden, il convincimento che Biden non sia più in grado di svolgere il ruolo di presidente è una preoccupazione bipartisan: condivisa da moltissimi elettori democratici e condivisa da tantissimi elettori indipendenti, indecisi, incerti, che potrebbero essere l’ago della bilancia decisivo in novembre.

RG 12.30 del 03.07.2024 - Le considerazioni di Mario Del Pero, docente all’Istituto di studi politici di Parigi

RSI Mondo 03.07.2024, 13:08

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