La popolazione della Groenlandia martedì si recherà alle urne per le elezioni parlamentari. Un voto importante per il futuro dell’isola artica, che in questo periodo assume una dimensione internazionale. La questione dell’indipendenza del territorio è al centro della campagna in corso nel territorio danese autonomo. Desiderata da molti, è prevista dalla Costituzione danese e una legge del 2009 ha definito la procedura da seguire. Ma c’è un ma…
Una delle poste in gioco nelle elezioni legislative in programma l’11 marzo per scegliere i 31 membri del Parlamento unicamerale (l’Inatsisartut) è stabilire quando rompere i legami con la Danimarca, senza però cadere nelle grinfie di Donald Trump che ha messo gli occhi sul territorio ricco di risorse e posto in posizione strategica. Un po’ come aveva già fatto Henry Truman nel 1946 quando aveva tentato di comprare la Groenlandia offrendo 100 milioni di dollari. L’insistenza, a volte minacciosa, dell’attuale presidente del presidente degli Stati Uniti nel voler prendere possesso della Groenlandia ha dato impulso alle aspirazioni indipendentiste delle 57’000 persone che vi vivono.
Né danesi, né americani, ma groenlandesi

Le rotte marittime artiche
Molte affermano di non voler essere né danesi né americani, ma groenlandesi. “Vogliamo soprattutto che la nostra piccola isola sia indipendente” spiegano ai microfoni della RTS “non vogliamo più essere danesi o qualsiasi altra cosa”.
Le questioni sociali ed economiche dallo scorso gennaio sono passate in secondo piano sull’isola che dal 1979 gode di autonomia politica interna dopo quasi tre secoli di dominazione. Chi vi vive è però ancora fortemente dipendente dai sussidi in arrivo dalla Danimarca il cui sovrano è anche capo dello Stato di Groenlandia. Si tratta di circa 530 milioni di euro all’anno che hanno un peso non irrilevante sulla bilancia dell’autonomia.
La Thule Air Base, in Groenlandia, rappresenta l'installazione militare USA più a nord
Le forze politiche sono tutte più o meno d’accordo nel vedere per la Groenlandia un futuro indipendente. La visione dei partiti (i separatisti rosso-verdi della Inuit Ataqatigiit di cui fa parte l’odierno primo ministro Múte Inequnaaluk Bourup Egede, i social-democratici del Siumut, i liberali centristi indipendentisti di Naleraq e i liberali conservatori di Sentimento di comunità) diverge però quando si affronta la questione della fattibilità economica e delle tempistiche.
Per il centro destra, è arrivato il momento di tagliare il cordone ombelicale che unisce Nuuk e Copenhagen. “Stiamo aspettando da molti anni di diventare uno Stato, di avere completa autodeterminazione. Essere sotto la supervisione della Danimarca, limita il nostro sviluppo” afferma convinto un candidato di Naleraq. Anche per il centro sinistra (finora nettamente maggioritario) il passo va fatto, ma con meno fretta. “Le discussioni sull’indipendenza sono ancora avviate. Questo è l’obiettivo finale per molti di noi in Groenlandia, ma ci vorranno 10, 20 anni o più”, afferma Aaja Chemnitz, membro dell’Inuit Ataqatigiit e uno dei due rappresentanti della Groenlandia nel Parlamento danese.
Per saperne di più:
https://rsi.cue.rsi.ch/info/mondo/Ecco-perch%C3%A9-la-Groenlandia-fa-gola-a-molti--2490508.html
https://rsi.cue.rsi.ch/info/mondo/L%E2%80%99Artico-nuovo-Eldorado-da-conquistare--2494900.html
https://rsi.cue.rsi.ch/info/mondo/Trump-se-una-presidenza-si-vuole-%E2%80%9Connipotente%E2%80%9D--2618935.html