ANALISI

La “nuova era” di Xi Jinping

Focus sugli orientamenti emersi dall’ultimo Plenum del PCC: fra varie sfide economiche e un ulteriore rafforzamento del ruolo del presidente

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Una recente immagine del presidente della Repubblica popolare

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Di: Lorenzo Lamperti

Qualche riforma, ma nessuna rivoluzione. Contromisure ai rischi maggiori, perseguimento dell’autosufficienza tecnologica. E soprattutto l’ulteriore rafforzamento della leadership di Xi Jinping, che di fatto viene implicitamente confermato per un quarto inedito mandato. Mentre alcune figure chiave del recente passato vengono ufficialmente espulse dalla vita politica. Sono gli ingredienti principali del comunicato finale con cui si è concluso l’atteso terzo Plenum del Partito comunista cinese. Dopo quattro giorni di incontri a porte chiuse, i 199 membri del XX Comitato centrale e i 165 membri supplenti hanno licenziato un documento programmatico che ha lo sguardo puntato sul 2029, anno in cui ricorre l’ottantesimo anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese. Una tappa importante sulla strada del centenario, in agenda nel 2049, entro il quale andrà completato il “grande ringiovanimento nazionale” che mira a rendere la Cina una società socialista moderna e forte.

Il documento chiarisce che il rapporto di lavoro di Xi è stato approvato, con la visione del segretario generale sulle riforme e “l’avanzamento della modernizzazione cinese” che ne esce rafforzata. Anche se all’esterno delle stanze del potere, pare serva qualche opera di convincimento, come pare dimostrare l’articolo a firma di Xi pubblicato su Qiushi (la rivista teorica del Partito) che chiede di “mantenere la fiducia”. Con un passaggio significativo: “L’economia cinese non è crollata in passato a causa della teoria del crollo della Cina e non smetterà di crescere a causa della retorica che sostiene che la Cina abbia raggiunto un plateau. Le prospettive di sviluppo sono brillanti e noi siamo convinti e fiduciosi”. Un modo anche per ribadire la necessità di stringere i denti e non aspettarsi grandi e repentine riforme, ma piuttosto qualche aggiustamento per sostenere l’ampia visione di trasformazione del modello di sviluppo che mira a completare la transizione da “fabbrica del mondo” a società di consumi.

Non a caso, l ‘obiettivo principale dei prossimi cinque anni di lavoro sarà il perseguimento di uno sviluppo di alta qualità. Si legge: “Dobbiamo approfondire le riforme strutturali dal lato dell’offerta, migliorare i meccanismi di incentivo e di vincolo per promuovere uno sviluppo di alta qualità e sforzarci di creare nuovi motori e punti di forza per la crescita”. Ci si riferisce al concetto di “nuove forze produttive” diventato da qualche mese il mantra di Xi. Sotto questo ombrello ricadono tutti i settori innovativi come i chip, l’intelligenza artificiale e l’industria tecnologica verde con auto elettriche, batterie e pannelli solari. Proprio quei settori nel mirino dell’Occidente per l’eccesso di produzione cinese. “Miglioreremo le istituzioni e i meccanismi per promuovere nuove forze produttive di qualità in linea con le condizioni locali, per promuovere la piena integrazione tra economia reale ed economia digitale, per sviluppare il settore dei servizi, per modernizzare le infrastrutture e per aumentare la resilienza e la sicurezza delle catene industriali e di approvvigionamento”, prosegue il documento, che anticipa dunque la messa in pratica di ulteriori misure per favorire il raggiungimento dell’autosufficienza tecnologica per schermarsi dalle turbolenze internazionali. Un esempio? Le nuove sanzioni in arrivo dagli Stati Uniti sui microchip.

L’obiettivo dello sviluppo di alta qualità va facilitato con la “costruzione delle istituzioni”. Che cosa significa? In occasione del XX Congresso del 2022, alcuni analisti internazionali avevano notato la presunta priorità della sicurezza rispetto all’economia. Il terzo plenum, tradizionalmente dedicato ogni cinque anni proprio alle politiche economiche, chiarisce invece che la concezione della “nuova era” di Xi è di tipo olistico. Non esiste sviluppo senza sicurezza, non esiste sicurezza senza sviluppo. Si legge dunque che è necessario “il rafforzamento dello Stato di diritto per garantire che lo sviluppo di alta qualità e la maggiore sicurezza si rafforzino a vicenda, in modo da salvaguardare efficacemente la stabilità e la sicurezza del Paese nel lungo periodo”. La necessità di coordinamento tra “sviluppo e sicurezza”, anche per l’ordine scelto tra i due concetti, è teso a rassicurare gli investitori e le aziende private sul fatto che l’ecosistema cinese resterà orientato al mercato e non è destinato a essere governato da un approccio meramente nazionalista. Ma allo stesso tempo si segnala che la vera priorità è data al pensiero politico. Il comunicato si impegna infatti a “promuovere una migliore corrispondenza tra la sovrastruttura e le basi economiche”. Tradizionalmente, “sovrastruttura” significa appunto pensiero politico. Il tutto è in perfetta linea con l’accento sempre più forte dato in questi anni all’educazione patriottica e all’istituzionalizzazione della presenza del Partito all’interno delle imprese.

Durante il plenum, i media statali cinesi hanno incessantemente descritto Xi come un “grande riformatore”, paragonandolo a Deng Xiaoping, l’ex leader che dopo la morte di Mao Zedong avviò la stagione delle grandi riforme e aperture al mondo esterno, con l’orientamento al mercato dell’economia socialista. Stavolta non si intravedono però grandi riforme, al massimo alcuni aggiustamenti di un impianto politico in larga parte confermato. Ecco allora che si promette l’eliminazione “delle restrizioni sul mercato, garantendo al contempo una regolamentazione efficace”. Appare un compromesso rispetto all’approccio degli ultimi anni, con la vasta campagna di rettificazione del settore digitale e privato, che ha comportato alcuni contraccolpi negativi sul mercato e sulla fiducia internazionale. Ma la bussola della regolamentazione resta.

Si promette poi un miglioramento dei meccanismi di mercato e un’ottimizzazione dell’allocazione delle risorse, con i governi locali che attendono maggiori entrate per rimpinguare le casse svuotate dall’esposizione verso il settore immobiliare. A questo proposito, il terzo plenum stabilisce che vanno “disinnescati i rischi”. Non bisogna aspettarsi scenografici salvataggi dei colossi indebitati come Evergrande, ma semmai iniziative delle imprese statali per acquistare case e sostenerne dunque il prezzo, oppure per completare la costruzione delle abitazioni già vendute e mai terminate.

Confermato anche il concetto di “prosperità comune”, uno degli snodi retorici del pensiero di Xi, che in questo caso va intesa come la promozione di “scambi paritari e flussi bidirezionali di fattori produttivi tra città e campagna, in modo da ridurre le disparità tra le due”. Il tentativo è quello di ridurre l’atavico squilibrio tra le province costiere e quelle interne. Sul commercio, si prevede un “approfondimento della riforma strutturale del commercio estero”, con presumibile riferimento alla diversificazione dei mercati di destinazione, in linea con la crescente enfasi sul cosiddetto Sud globale e i meccanismi (in realtà ancora piuttosto volatili) dei Brics.

Spazio anche agli aspetti politici. Ufficializzata l’espulsione dell’ex ministro della Difesa Li Shangfu, accusato di corruzione. Diversa la sfumatura concessa all’ex ministro degli Esteri Qin Gang, di cui vengono accettate le “dimissioni”. Secondo la prassi lessicale del Partito, ciò significa che le prove a carico di Li sono molto più gravi rispetto a quelle a carico di Qin, di cui non è mai stata chiarita la rimozione anche se si è a lungo vociferato di una presunta relazione extraconiugale con una giornalista mentre occupava il delicato ruolo di ambasciatore a Washington. C’è anche un altro piano di lettura: Li era stato promosso con l’aiuto del precedente ministro della Difesa Wei Fenghe, anche lui espulso per corruzione. Qin era invece considerato il “fedelissimo” di Xi. Secondo Wen Ti-sung dell’Australian National University, un’uscita di scena più morbida toglierebbe qualche imbarazzo al leader.

Ufficializzate anche le espulsioni di Li Yuchao e Sun Jinming, ex comandanti delle forze missilistiche dell’Esercito popolare di liberazione. Una vicenda dai tratti poco chiari che ha portato alla rimozione di numerosi ufficiali e vertici delle industrie statali della difesa. Qualche settimana fa, Xi ha rilanciato la campagna anticorruzione tra le forze armate e il terzo plenum garantisce un “miglioramento dei sistemi e meccanismi di gestione dell’esercito, il completamento della riforma del sistema operativo”. Il tutto in vista del 2027, anno del centenario dell’Esercito cinese che Xi vorrebbe più contiguo alla linea del Partito e più pronto a combattere.

RG 12:30 del 15.7.2024 Il servizio di Lorenzo Lamperti

RSI Info 15.07.2024, 17:13

  • reuters

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