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"Negati diritti a Provenzano"

La Corte europea condanna l'Italia perché continuò ad applicare un rigido regime carcerario al boss mafioso malato. Il ministro Bonafede: "Il 41 bis non si tocca"

  • 25 ottobre 2018, 20:34
  • 22 novembre, 23:56
01:28

Notiziario 17.00 del 25.10.2018 Il servizio di Claudio Bustaffa

RSI Info 25.10.2018, 19:11

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La Corte europea dei diritti umani ha condannato l'Italia perché decise di continuare ad applicare il rigido regime carcerario dell'articolo 41bis al boss mafioso Bernardo Provenzano, dal 23 marzo 2016 alla sua morte, nonostante le sue compromesse funzioni mentali.

La condanna dell'Italia da parte della Corte riguarda, tuttavia, solo il prolungamento del regime carcerario speciale. Nella sentenza gli stessi togati, dopo aver "valutato tutti i fatti", riconoscono infatti che la permanenza del boss in prigione non ha "di per sè" violato il suo diritto a non essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti.

"La detenzione di Provenzano non può essere considerata incompatibile con il suo stato di salute e la sua età avanzata", scrivono i giudici, aggiungendo che non può neanche essere sostenuto che "la sua salute e il suo benessere non siano stati protetti, nonostante le restrizioni imposti dalla detenzione". Alla luce di tutto ciò, la Corte di Strasburgo ha rifiutato le richieste di risarcimento per danni morali di 150'000 euro e di pagamento di 20'000 euro per coprire le spese legali., presentate dai legali del boss.

"Rispetto questa sentenza ma non la commento. Voglio sottolineare solo una cosa: il 41 bis non si tocca". Così il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. Dal canto suo il ministro dell'Interno Matteo Salvini ha dichiarato che: "La Corte Europea ha "condannato" l'Italia perché tenne in galera col carcere duro il "signor" Provenzano, condannato a 20 ergastoli per decine di omicidi, fino alla sua morte. Ennesima dimostrazione dell'inutilità di questo ennesimo baraccone europeo. Per l'Italia decidono gli Italiani, non altri".

Maria Falcone, sorella del giudice ucciso a Capaci e presidente della Fondazione Falcone, ha dichiarato che la sentenza della Corte non mette in discussione il 41/bis che, impedendo ai boss di continuare a comandare anche dal carcere e spezzando il legame dei capimafia col territorio, è stato e rimane uno strumento irrinunciabile nella lotta alla mafia".

Provenzano, riuscì a rimanere latitante per 43 anni, prima di essere catturato nel 2006. Il boss condivise con Totò Riina il comando di Cosa nostra, dichiarando guerra allo Stato e avviando una strategia terroristico-mafiosa basata anche su attentati dinamitardi, nei quali rimasero uccisi, tra gli altri, i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, massacrati con le scorte a Capaci e in via D'Amelio.

ATS/ANSA/M. Ang.

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