Mentre l’offensiva di Israele contro Hamas prosegue ormai da oltre un mese, ci si chiede quale sarà il futuro di Gaza una volta terminata la guerra. L’occupazione sul lungo termine sembra esclusa, ma il premier Benjamin Netanyahu ha parlato di una gestione della sicurezza a tempo indeterminato. Quali sono allora i piani del Governo israeliano? E come può giustificare l’entità della crisi umanitaria provocata a Gaza? La RSI lo ha chiesto al professor Manuel Trajtenberg, dell’Istituto per gli Studi sulla Sicurezza Nazionale di Israele.
Non crede che i bombardamenti sulla Striscia e la crisi umanitaria stiano indebolendo il supporto internazionale nei confronti di Israele?
“Questa era la trappola di Hamas. La loro idea era di attaccarci, sapendo che avremmo dovuto rispondere. Non potevamo non fare nulla di fronte alle uccisioni e alle atrocità commesse nei confronti dei nostri cittadini... E loro per anni hanno creato questa infrastruttura militare nel mezzo della popolazione locale. E non c’è altro modo di combatterla, purtroppo, se non provocando vittime civili”.
Parliamo del futuro politico di Gaza dopo la guerra. Qual è il piano di Israele una volta che l’operazione militare sarà terminata?
“La situazione è molto fluida ma gli elementi del futuro si stanno già formando. All’inizio dovrà esserci una coalizione internazionale formata da Paesi arabi, ma anche dagli Stati Uniti e ci auguriamo anche da alcuni Stati europei, che possa prendere il controllo sotto l’egida delle Nazioni Unite. La coalizione dovrà avviare il processo di ricostruzione e creare un’amministrazione temporanea per poi dare il potere all’Autorità palestinese. A quel punto Israele potrà avviare i negoziati per una soluzione di lungo termine”.
Ma come potete essere sicuri che i Paesi arabi prendano parte a questo progetto? Perché dovrebbero aiutare Israele?
“Lo faranno perché hanno degli interessi. Ad esempio, l’Egitto ha un forte interesse per la stabilità di Gaza e perché non vuole che Hamas, che ha legami con i Fratelli musulmani, riprenda il controllo della Striscia. Stessa cosa per la Giordania e l’Arabia Saudita, Barein e Marocco ... tutti vogliono la stabilità”.
Quindi nel lungo termine immaginate che sarà l’autorità palestinese a governare Gaza, ma oggi sappiamo che è molto debole...
“È vero, dobbiamo aiutarla a rinforzarsi anche economicamente, dobbiamo darle spazio per riguadagnare autorevolezza. Bisogna anche combattere la corruzione che la caratterizza. Ma in questo momento sono gli unici rappresentanti legittimi del popolo palestinese”.
Anche l’occupazione israeliana nella Cisgiordania però contribuisce a indebolire l’Autorità palestinese...
“Certo, nessuno mette in dubbio che la situazione sia complicata. Ma dobbiamo pensare a dei passi progressivi. Quello che vedo io è che al di là di tutta la sofferenza di questo momento, tutto questo può aprire la strada a un futuro migliore, perché per la prima volta potrà esserci una sola entità che rappresenti tutti i palestinesi, a Gaza e in Cisgiordania”.
L'intervista a Manuel Trajtenberg, esperto di sicurezza
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