Da Colorado Springs l’Ucraina è lontana oltre 9’000 chilometri. Ma la distanza non basta a raccontare il distacco e la stanchezza per quel che accade al fronte in Europa. In questa città a sud di Denver abita poco meno di un milione di abitanti, quasi un decimo lavora per l’Esercito e la Guardia Nazionale. Sugli umori e sulla vita di molte famiglie pesano le guerre in Afghanistan e in Iraq, quelle che Donald Trump aveva bollato come un’unica “infinite war”, guerra infinita.
Una mitragliatrice davanti a un ritrovo di veterani a Colorado Springs
Da diversi anni l’associazione Angels of American Fallen aiuta le famiglie dei veterani caduti, i militari morti durante conflitti avvenuti dopo l’11 settembre. A tutt’oggi sostiene direttamente 554 bambini rimasti orfani, ma altri 700 sono in attesa di “padrini” che possano aiutarli. A fondare l’associazione nel 2013 è stato Joe Lewis, ex marine e pilota dell’Air Force, a sua volta figlio di un veterano del Vietnam.
Joe Lewis, fondatore e presidente dell’ONG d’aiuto agli orfani dei soldati americani
Dopo 25 anni a servizio della Guardia Nazionale, gran parte del tempo di Joe è al servizio del prossimo grazie all’ONG fondata ma, come molti qui, fatica a comprendere l’aiuto finanziario americano a Kiev: “Quando si vedono gli orrori in Ucraina, penso che tutti abbiano un cuore e vogliano aiutarli. Abbiamo un debito pubblico di 34’000 miliardi di dollari. E anche questo spiega l’attuale stanchezza: fino a quando potremo continuare a inviare miliardi di dollari all’Ucraina?”. Anche per questa ragione, dice di voler votare per Donald Trump. Non immagina Kamala Harris Comandante in capo.
Sergei Vassiliev, clarinettista della Colorado Springs Philharmonic
A Colorado Springs vive anche il clarinettista ucraino Sergei Vassiliev. Dal 2009 suona dell’orchestra filarmonica locale e insegna musica. È arrivato negli Stati Uniti nel 1995 da Kharkiv. E oggi guarda con timore all’idea di un ritorno al potere di Donald Trump e la sua promessa di mettere fine all’invasione russa in Ucraina in ventiquattro ore. “Non vedo come sia possibile”, dice sconsolato. Non si può risolvere la questione dicendo: “L’Ucraina è vostra, prendetela! E da parte russa, questa è la strategia di Putin: sta solo aspettando che gli aiuti all’Ucraina finiscano”.
Washington DC
Dallo scoppio del conflitto nel febbraio 2022 gli Stati Uniti hanno versato all’Ucraina 175 miliardi di dollari in aiuti. Gli ultimi sondaggi dicono che vi è una maggioranza di americani a favore di un sostegno duraturo all’Ucraina, ma questa maggioranza (e le sue spaccature) si riflette e vacilla al Congresso, soprattutto alla Camera dei rappresentanti. L’ultimo pacchetto di aiuti da 60 miliardi di dollari, la scorsa primavera, è stato di fatto ritardato dalla maggioranza repubblicana alla Camera di quasi sei mesi. Per John Herbst, ex ambasciatore americano a Kiev e oggi analista dell’Atlantic Council, le ragioni della stanchezza sono due: “L’Amministrazione Biden è troppo timida nella sua politica: si esagera il pericolo dell’uso dell’arma nucleare della Russia e non si è voluto armare l’Ucraina a sufficienza per vincere”. E poi, dolente, ammette,“c’è questa bolla mediatica, “il mondo Trump”, che non ha alcuna comprensione ed è ingenuo sulla politica internazionale”.
John E. Herbst, ambasciatore USA in Ucraina 2003-2006
Nominato da G. W. Bush, Herbst è estremamente critico nei confronti della Presidenza Biden troppo “intimidita da Putin”. “Lo schema di questa Amministrazione dall’invasione russa non è mai cambiato - dice al Telegiornale RSI -. Si sono rifiutati di dare gli F-16 e li hanno dati, hanno rifiutato i carri armati Abrams e li hanno dati, hanno persino rifiutato i missili Himars o i lanciamissili Stinger per poi darli all’Ucraina... sempre in ritardo rispetto ai bisogni”. Ma Herbst ammette pure disorientamento e scoramento dinanzi all’ipotesi di un ritorno di Trump. “La sua idea di voler mettere fine alla guerra in 24 ore - dice sarcastico -, ha lo stesso fondamento di quando nel 2016 diceva di voler costruire un muro al confine e di farlo pagare al Messico”.
“È stupefacente - conclude l’ex ambasciatore americano a Kiev - che il programma dei Repubblicani non contenga chiare indicazioni politiche su Ucraina e Russia...”.
Una falla nella piattaforma elettorale, forse, emblematica degli umori di un’America profonda, sempre più tentata dall’isolazionismo.