Gli scontri tra l'esercito e i paramilitari in Sudan hanno causato almeno 97 morti e parecchie decine di feriti come ha riferito oggi, lunedì, il sindacato dei medici. "Il bilancio delle vittime tra i civili negli scontri da quando sono scoppiati sabato (...) ha raggiunto le 97 persone", ha dichiarato l'organizzazione in un comunicato, aggiungendo che questo numero non comprende tutti i morti, poiché molte persone non hanno potuto raggiungere l'ospedale a causa delle difficoltà di spostamento.
Gli scontri fanno parte di una lotta per il potere tra il generale Abdel-Fattah Burhan, comandante delle forze armate, e il generale Mohammed Hamdan Dagalo, capo del gruppo delle Forze di supporto rapido (RSF). I due generali sono ex alleati che hanno orchestrato insieme il colpo di Stato militare dell'ottobre 2021 che ha fatto deragliare la breve transizione del Sudan verso la democrazia.
Pesanti combattimenti che hanno coinvolto veicoli blindati, mitragliatrici montate su camion e aerei da guerra hanno toccato soprattutto la capitale Khartum, la città adiacente di Omdurman e altri punti nevralgici del Paese. Si ritiene che le forze rivali abbiano decine di migliaia di combattenti ciascuna nella sola capitale. Non è ancora invece del tutto chiaro se i miliziani delle RSF si siano o meno impossessate veramente dell'aeroporto internazionale e di altri edifici del potere sotto il controllo di Burhan, capo delle forze armate e di fatto leader del Paese.
I residenti della capitale hanno altresì riferito di forti esplosioni e continui spari, oltre che di attacchi aerei che hanno colpito obiettivi della RSF. Gli scontri arrivano mentre la maggior parte dei sudanesi si sta preparando a celebrare la festa che segna la fine del mese sacro del Ramadan, quando i musulmani tradizionalmente digiunano dall'alba al tramonto. Al momento non hanno avuto successo i numerosi inviti al cessate il fuoco arrivate da diverse organizzazioni e Paesi di tutto il mondo.