Il ministro ucraino dell’Agricoltura, Vitaliy Koval, ha recentemente affermato che tutte le imprese agroindustriali e i complessi agricoli di proprietà statale dovrebbero essere privatizzati il prima possibile. La necessità è stata spiegata con il fatto che nella maggior parte dei casi lo Stato è un gestore meno efficace del settore privato: pertanto è necessario privatizzare quelle imprese statali che non sono considerate critiche e strategiche per il Paese. Il comparto agricolo è un pilastro dell’economia ucraina e fino all’inizio del conflitto nel 2022 ha costituito circa l’11% del prodotto interno lordo dell’ex Repubblica Sovietica, rappresentando il 40% delle esportazioni.
Prima dell’invasione russa su vasta scala, l’Ucraina era leader mondiale nell’esportazione di olio di girasole, al terzo e al quinto posto nell’export di mais e grano. La guerra ha avuto però un forte impatto sull’agricoltura, mettendo il settore sull’orlo della bancarotta. L’interruzione temporanea delle esportazioni attraverso il Mar Nero ha minacciato inoltre la sicurezza alimentare globale. Sebbene i trasporti su questa via siano ripresi, insieme a quelli fluviali e su terra, l’Ucraina è ancora lontana dai livelli antecedenti al conflitto.
Danni miliardari ed esigenze di ripresa
Secondo uno studio pubblicato lo scorso gennaio dalla Kiyv School of Economics (KSE), la guerra ha provocato danni al settore agricolo ucraino per 10,3 miliardi di dollari, con perdite per un totale di 69,8 miliardi di dollari. Le esigenze di ricostruzione per il settore ammontano a 9,4 miliardi di dollari, mentre quelle di recupero ammontano a 46,7 miliardi per i prossimi 10 anni. Nella prospettiva dell’avvio del processo di pacificazione e della ricostruzione del Paese, il rilancio del settore agricolo gioca comunque un ruolo fondamentale e secondo la KSE le esigenze di ripresa includono tre categorie principali, dal supporto per la ripresa immediata della produzione, a quello per lo sviluppo a lungo termine, passando per il sostegno alle istituzioni pubbliche agricole. Come per tutti gli ambiti della ricostruzione forti impulsi saranno necessari anche dal ramo privato.
Il ritorno delle privatizzazioni
Una questione fondamentale a questo proposito è quella della vendita dei terreni agricoli a soggetti stranieri. Una moratoria sul divieto era stata imposta nel 2002 e prorogata sino al 2020. Sin a quel momento vigeva la proibizione, decisa la prima volta durante la decollettivizzazione dell’agricoltura seguita al crollo dell’Unione Sovietica all’inizio degli anni Novanta, per proteggere i proprietari terrieri dal sottoscrivere vendite di terreni sconsiderate di cui avrebbero in seguito potuto pentirsi, e anche per impedire la concentrazione della proprietà terriera e il rischio associato di povertà rurale. Le cose sono cambiate con la svolta avvenuta sotto la presidenza di Volodymyr Zelensky. L’avvio del conflitto nel 2022 ha bloccato momentaneamente le privatizzazioni, in ogni campo, ma già nel 2023 è stato cambiato il quadro legislativo per consentire il processo anche durante il periodo in cui nel Paese vige la legge marziale. La nuova normativa consente in sostanza al Fondo di proprietà statale l’autorità di vendere grandi asset sia agli investitori nazionali che esteri in periodo di guerra.
L’ombra di Blackrock
L’Ucraina ha circa 43 milioni di ettari di terra fertile coltivabile, è sempre stata considerata il granaio d’Europa e come tale soggetta alle mire di attori esterni. Se la moratoria sulla vendita dei terreni in vigore sino al 2002 aveva bloccato la liberalizzazione del mercato e tenuto la strada chiusa all’accaparramento di terreni da parte di acquirenti stranieri, la guerra ha cambiato le carte in tavola: e se in un primo momento i favoriti alla privatizzazioni erano considerati gli oligarchi ucraini, ora in pole position ci sono i grandi player internazionali. Nel 2023 Kiev ha lanciato l’UDF (Ukraine Development Fund), proprio con l’intenzione di mobilitare e attirare capitali per la ricostruzione complessiva del Paese, in tutti i settori, non solo quello dell’agricoltura, avvalendosi anche della collaborazione di BlackRock, la più potente società d’investimento mondiale.
Stando alla KSE il mercato agricolo ucraino ha mostrato resilienza nonostante il conflitto, rafforzato proprio dalla legalizzazione delle vendite di terreni e se da una parte il governo di Kiev ha già implementato politiche di sostegno al settore agroalimentare in risposta alle perdite dovute alla guerra e alle esigenze di ripresa postbellica, dall’altra le proiezioni indicano una graduale ripresa della produzione agricola ucraina, con uno spostamento verso i semi oleosi dovuto a una maggiore redditività: entro il 2033 si prevede che la produzione di cereali aumenterà del 42%, mentre la produzione di semi oleosi potrebbe aumentare del 67%. Prospettive dunque rosee, ma che dipendono molto da quando e come si risolverà il conflitto, il cui proseguimento rischia di lacerare ancora di più il Paese.
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