Il periodo 2017-18 è stato caratterizzato da parole d’odio che rischiano di rendere normale e accettabile la discriminazione delle minoranze, ma pure dall’ascesa di movimenti che promuovono la giustizia sociale nei confronti delle donne, conclude il rapporto annuale di Amnesty International, pubblicato giovedì e che descrive la situazione dei diritti umani in 159 paesi.
Le politiche xenofobe contro rifugiati e migranti hanno raggiunto livelli allarmanti. Si sono distinti in particolare Stati Uniti, col divieto d’entrata a chi proviene da regioni a maggioranza mussulmana, e Myanmar, con la pulizia etnica dei rohingya; Australia e Ungheria non sono però state da meno, calpestando a loro volta i principi fondamentali.
Alcuni Governi poi sono accusati di manipolare l’opinione pubblica e di minacciare la libertà di parola, con l’uccisione di attivisti e l’arresto di giornalisti, come in Turchia e in Egitto, dove i mezzi di informazione sono stati ridotti al silenzio, o in Cina, dove il Nobel per la pace Liu Xiaobo, critico col regime, è morto durante la prigionia.
ATS/YR