Salute

“L’epatite può essere debellata, ma servono altri soldi”

Giornata internazionale di lotta alla malattia che nel mondo causa ancora oltre un milione di vittime all’anno, nonostante i farmaci permettano di curarla o tenerla sotto controllo

  • 2 ore fa

Radiogiornale delle 12.30 del 28.07.2024: il servizio di Maria Jannuzzi

RSI Info 28.07.2024, 14:23

  • Keystone
Di: Radiogiornale/RSI Info

Domenica 28 giugno è la giornata internazionale dell’epatite: una giornata voluta dall’Organizzazione mondiale della sanità per aumentare l’attenzione e la consapevolezza su una grave minaccia per la salute pubblica. Ogni anno, infatti, 1,3 milioni di persone in tutto il mondo muoiono a causa dell’epatite B o di quella C. Questo fa di questo virus il più letale dopo quello che provoca il Covid.

Danni al fegato già appena dopo essere stata diagnosticata

Non è raro che un’epatite virale appena diagnosticata presenti già un danno al fegato, rilevante. Per Bettina Maeschli, direttrice dell’associazione svizzera per l’epatite giornate come quella di oggi sono importanti più che mai per accendere i riflettori su questa infezione: “Ci sono ottime terapie disponibili – spiega ai microfoni del Radiogiornale della RSI – L’epatite C è curabile e l’epatite B può essere controllata molto bene con i farmaci, in modo da non danneggiare il fegato. Si può convivere con essa. Oggi è simile a un’infezione da HIV. Anche la carica virale viene soppressa con i farmaci. La diagnosi è semplice e facilmente realizzabile in laboratorio: con esami del sangue in cui si ricercano gli anticorpi e il virus. Quindi ci sono tutti i mezzi per farlo. Esiste anche una vaccinazione molto efficace e sicura per l’epatite B. Purtroppo, però, non esiste ancora un vaccino che protegga dall’infezione da virus dell’epatite C”.

90’000 persone in Svizzera con epatite cronica

In Svizzera si stima che circa 90’000 persone siano affette da epatite cronica B o C. “Dall’inizio dell’anno abbiamo un programma nazionale che comprende l’epatite, l’HIV e altre infezioni sessualmente trasmissibili”, spiega ancora Bettina Maeschli. L’obiettivo “è garantire che non ci siano più nuove infezioni in Svizzera entro il 2030. Sembra un obiettivo molto ambizioso. Ma è realistico, perché in realtà abbiamo tutto ciò che serve. Possiamo diagnosticarla, curarla, vaccinarci, ma dobbiamo trovare le persone che ancora ce l’hanno o quelle che sono a rischio di contagio. E per questo mancano ancora soldi.”

Oltre a una maggiore consapevolezza sono necessari quindi soprattutto finanziamenti sufficienti per progetti e misure che si rivolgano ai gruppi di popolazione particolarmente vulnerabili e li rendano consapevoli delle opzioni di test e trattamento.

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