Trafigura ha chiesto di essere cancellata dalla lista degli imputati nel primo giorno del processo che la vede alla sbarra al Tribunale penale federale, insieme a un suo ex dirigente, a un intermediario e a un ex funzionario pubblico angolano, per quello che l’atto di accusa di 150 pagine definisce “un patto corruttivo” volto a favorire il colosso del commercio del petrolio con sede operativa a Ginevra nella conclusione di contratti nel Paese africano. Il funzionario avrebbe ricevuto una quindicina di anni fa, in parte su un conto e in parte in contanti, circa 5 milioni di franchi. Secondo Trafigura, l’azienda non è imputabile, essendo il suo cofondatore - personaggio chiave nella vicenda - ormai deceduto. La società si basa su una recente sentenza che ha visto UBS uscire pulita dal processo sul riciclaggio di denaro della cosiddetta “mafia bulgara”, un caso che aveva ereditato dal Credit Suisse. La Corte si esprimerà in proposito martedì.
Il ministero pubblico federale rimprovera alla multinazionale di non aver messo in atto le misure di controllo necessarie per evitare il versamento di mazzette, aspetto tanto più grave se si considera che l’Angola è un Paese dove la corruzione è endemica, tanto che figura a uno degli ultimi posti della classifica di Transparency International.
In aula a Bellinzona, a seguire il dibattimento, c’à anche Adrià Budry Carbó di Public Eye, l’ONG che aveva portato alla luce il caso. Budry Carbó è stato di nuovo in Angola di recente per una nuova inchiesta. Ora al potere c’è un altro presidente, João Lourenço. Con lui, ha raccontato a SEIDISERA della RSI, “probabilmente c’era un desiderio iniziale di cambiare le cose nel Paese, ma poi questo desiderio si è scontrato con la realtà, che è quella di un forte calo del prezzo del petrolio dal 2015. Ci sono meno soldi nelle casse, soprattutto sembra che le élite continuino a frequentare persone corrotte. Trafigura, dal canto suo, è tornata nel Paese”. Al punto che la gente comincia a sentire paradossalmente a sentire nostalgia del clan Dos Santos che governava all’epoca dei fatti oggetto del processo.
Quest’anno già due multinazionali di commercio di materie prime, Glencore e Gunvor, sono state condannate. E Trafigura, appunto, è a processo. Possiamo dire che il settore è sotto la pressione della giustizia svizzera?
“Sì, il settore è sotto pressione”, risponde Adrià Budry Carbó. “Negli ultimi due anni i più grandi trader svizzeri sono stati condannati: Glencore, Vitol, Gunvor. E ora Trafigura è in aula. Ma c’è qualcosa di diverso con Trafigura: è la prima volta che c’è un processo. Gli altri casi si sono risolti con dei decreti d’accusa, quindi lontano dagli occhi del pubblico. Nelle prossime due settimane invece verranno esaminate molte prove, verranno sentiti dei testimoni, e, soprattutto i dirigenti di Trafigura verranno confrontati a presunte pratiche corruttive messe in piedi in seno alla società. È per questo che è un processo storico”.
Noi abbiamo contattato l’associazione di categoria qui in Ticino. Non ha accettato un’intervista perché ritiene che non sia un problema del settore, se mai delle aziende implicate e che la vostra, quella di Public Eye, è una battaglia ideologica. È così?
“Mi fa sorridere. Vedete, noi andiamo nei Paesi coinvolti, ci confrontiamo con i fatti, intervistiamo le persone, studiamo dei documenti e li portiamo in Svizzera. La nostra non è solo una lotta ideologica, è basata su cose concrete. Se qualcuno ha delle controprove, noi siamo sempre aperti alla discussione, ma quello che vogliamo dire è che lavoriamo con gli stessi standard dei giornalisti. In altre parole, abbiamo bisogno di tre fonti indipendenti che dicano la stessa cosa perché questa diventi un fatto”.
Un’ultima domanda: mercoledì la Corte d’appello del TPF ha assolto UBS nel caso Credit Suisse/riciclaggio di denaro della mafia bulgara. Questo per il decesso di un’imputata. Insomma si investono troppe risorse, a fronte poi di quello che si vede in aula?
“L’ultima volta che sono venuto in Ticino è stato proprio per assistere al processo Credit Suisse. Le argomentazioni del Tribunale federale d’appello hanno sorpreso un po’ tutti. La morte della banchiera di Credit Suisse ha portato all’assoluzione della banca (UBS dopo la fusione, ndr). Possiamo immaginare che ci sarà un ricorso da parte della procura federale. Non sono un avvocato, ma il ragionamento è sorprendente. Cio che è meno sorprendente è che gli avvocati di Trafigura abbiano già usato lo stesso argomento. Ma c’è una differenza fondamentale tra i due procedimenti. Nel processo Credit Suisse gran parte del caso si basava sulle attività di questa banchiera. Qui non si tratta solo delle azioni del co-fondatore della società, che è morto nel 2015. Fra gli imputati c’è anche quello che all’epoca era il numero tre della società e che, secondo la procura federale, ha firmato dei documenti e comunicava con gli altri imputati. Insomma, in questo procedimento si può davvero esaminare la colpevolezza o meno di persone fisiche”.