Il sistema di riscossione del canone radiotelevisivo previsto dal Consiglio federale svantaggia le piccole imprese e non rispetta quindi il principio costituzionale della parità di trattamento. È quanto stabilisce una sentenza pubblicata oggi, venerdì, dal Tribunale amministrativo federale, chiamato ad esaminare il ricorso di quattro aziende.
A essere rimesso in discussione - va precisato - non è la riscossione del canone in quanto tale, ma il sistema di calcolo. Il contributo viene calcolato sulla base del fatturato mondiale dichiarato all’amministrazione delle contribuzioni. Le società con una cifra di affari inferiore a mezzo milione di franchi ne sono esonerate, mentre le altre sono soggette a una tariffa scaglionata su 18 livelli, da un minimo di 160 a un massimo di 50’000 franchi annui. L’onere cresce a ogni livello, ma la progressione è tale da svantaggiare le aziende più piccole, che secondo i giudici sangallesi subiscono un onere relativo più pesante. Il nuovo canone era stato introdotto nel 2021 in sostituzione della formula precedente, che lo stesso TAF aveva giudicato incostituzionale nel 2019.
Si renderà quindi necessario un nuovo ritocco, ma poiché il Consiglio federale ha promesso di rivedere il sistema ogni due anni, il TAF ha privilegiato la certezza del diritto e la proporzionalità. Di conseguenza, le decisioni contestate dal ricorso non sono state annullate: gli importi del canone 2021 restano dovuti. Il tribunale raccomanda al Governo di introdurre un sistema progressivo o parzialmente lineare.