Un giogo che mette in difficoltà le piccole e medie imprese (PMI): è così che dodici associazioni padronali definiscono i tassi d’interesse sui crediti Covid, che sono aumentati nel 2023. Secondo queste organizzazioni si tratta di soldi che vanno unicamente a beneficio delle banche e che non permettono alle aziende di rimettersi in sesto.
Per questo motivo viene chiesto al Consiglio federale di intervenire: nello specifico di tornare al regime iniziale, abolendo completamente, dal 31 marzo, gli interessi sui prestiti Covid inferiori a 500’000 franchi e di ridurli allo 0,5% per gli importi superiori. Le associazioni spiegano che un leggero adeguamento “non basta”, in quanto il tasso guida è destinato a scendere e la BNS non esclude un ritorno agli interessi negativi.
Nella primavera 2020, ricordano le organizzazioni, la Confederazione aveva garantito prestiti vantaggiosi alle aziende, che si trovavano in un contesto di difficoltà a causa della pandemia. A marzo 2023, però, aumenta il tasso guida della Banca nazionale svizzera (BNS) e il Consiglio federale porta i tassi d’interesse, fissati allo 0% e allo 0,5%, all’1,5% e al 2%.
Nel frattempo l’indicatore della BNS è nuovamente sceso e le associazioni di categoria indicano che “al momento le banche stanno approfittando della situazione: si procurano denaro a basso costo dalla Banca nazionale e applicano tassi d’interesse eccessivamente elevati sui prestiti Covid in corso”. Banche che “non sopportano alcun rischio”.
Per il presidente della Federazione dei centri fitness e di salute (FSCFS), Claude Amman, si tratta di un situazione che potrebbe ritorcersi anche contro le banche: “Un elevato onere per gli interessi mette a rischio i rimborsi, perché ostacola le imprese dal punto di vista finanziario”.