Svizzera

Ecco cosa succede in caso di arresto in Iran

L’intervista all’ex ambasciatore svizzero a Teheran, Philippe Welti

  • 3 ore fa
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Iran, intervista a Philippe Welt

Telegiornale 11.01.2025, 20:00

  • Keystone
Di: Telegiornale 

La vicenda del 64enne svizzero, morto due giorni fa mentre si trovava in carcere in Iran con l’accusa di spionaggio, ha fatto molto discutere. Da parte sua il DFAE ieri (venerdì) ha reso noto che “dal momento in cui la Svizzera è stata informata dell’arresto, l’Ambasciata svizzera a Teheran ha avuto un contatto quotidiano con le autorità iraniane per ottenere maggiori informazioni sulle circostanze dell’arresto e per poter far visita al cittadino svizzero detenuto. Tuttavia, a causa delle accuse (spionaggio – sicurezza nazionale) l’accesso consolare richiesto non è stato concesso durante la fase di indagine preliminare, che era ancora in corso. Il 9 gennaio 2025, l’Ambasciata è stata informata che il cittadino svizzero si è tolto la vita in prigione”. La Svizzera, sottolinea il DFAE, “chiede alle autorità iraniane informazioni dettagliate sui motivi dell’arresto e un’indagine completa sulle circostanze della morte”. Ma come vengono trattati casi del genere dalla diplomazia elvetica? La RSI ne ha parlato con Philippe Welti, ex ambasciatore svizzero a Teheran.

Philippe Welti, lei è stato a lungo ambasciatore in Iran, cosa succede di solito nel caso dell’arresto di una svizzera o di uno svizzero?

“Il primo presupposto è che le autorità locali, in questo caso quelle iraniane, informino l’ambasciata svizzera. Il Paese è molto grande e la diplomazia elvetica non può venire a sapere da sola se uno svizzero è in prigione, se è stato arrestato o se è in ospedale, che è un altro caso che accade. Una volta informata, l’ambasciata svizzera dichiara la necessità di visitare la concittadina o il concittadino. In Paesi “difficili” come l’Iran le autorità in genere non vogliono contatti tra chi è arrestato e la sua rappresentanza diplomatica. Spesso l’ambasciata svizzera deve insistere con forza sul fatto che ha il diritto di visitare il suo cittadino”.

Ma è normale che le autorità iraniane rispondano: sì, ma non ancora?

“E’ normale che le autorità all’inizio cerchino di ritardare questo diritto alla visita consolare. In questo caso, da quello che ho letto sui giornali, apparentemente le autorità iraniane hanno detto che la visita non era ancora possibile per le accuse di spionaggio. Se dicono è per spionaggio, l’ambasciata è sicuramente scontenta ma non può fare nulla. Deve insistere per ottenere questo diritto”.

La decisione di rendere pubblica la vicenda viene presa se si vuole aumentare la pressione?

“Si aspetta sempre prima di prendere una decisione del genere, non è automatica. Nessun Paese, e neppure l’Iran in questi casi, vuole l’attenzione dell’opinione pubblica e scegliere questa strada potrebbe provocare conseguenze negative, bisogna pensarci molto bene e questo genere di cose vengono decise a Berna”.

La notizia del 64enne svizzero ha coinciso con la liberazione della giornalista italiana Cecilia Sala, una vicenda invece molto pubblica....

“La sua visita, di per sé, era pubblica. Lo era dall’inizio. L’ufficialità fa parte del suo lavoro di giornalista e quindi non c’è stato neppure il bisogno di decidere se rendere pubblica la vicenda o no. Il caso del cittadino svizzero morto in Iran è quello più comune. Una persona va privatamente in Iran, e viene arrestata, per qualunque motivo, a torto o a ragione. E’ una situazione differente ed è più usuale, diciamo così, che l’opinione pubblica venga a conoscenza del caso solo quando le autorità decidono di comunicarlo”.

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Svizzero morto in carcere in Iran

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L'Iran libera la giornalista Cecilia Sala

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