Medici, ospedali e assicuratori hanno raggiunto un accordo oggi, martedì, sul nuovo modello tariffario per la medicina ambulatoriale (Tardoc), destinato a sostituire nel 2026 il Tarmed, risalente a ormai 20 anni fa e ormai giudicato obsoleto.
All’Associazione professionale dei medici (FMH), alle casse malati e all’organizzazione che raggruppa gli ospedali (H+), il Governo aveva indicato la data limite del 1° novembre per l’individuazione di un’intesa. Elisabeth Baume-Schneider ha quindi espresso la sua soddisfazione: “Oggi abbiamo raggiunto una tappa importantissima, perché possiamo dimostrare che il sistema si può riformare e che non è giusto dire che è un mastodonte che costa sempre di più”, ha commentato la consigliera federale.
Ma come si articolerà il nuovo tariffario medico? A differenza del Tarmed, che comprendeva circa 4’500 posizioni tariffali, Tardoc ne includerà circa 2’600 e rifletterà costi effettivi, come pure determinate nuove prestazioni, in maniera più accurata. Prevede, inoltre, anche dei prezzi forfettari per trattamenti specialistici, come ad esempio per interventi come quelli legati alla cataratta. Nell’insieme la nuova struttura tariffaria, secondo la responsabile del Dipartimento federale dell’interno (DFI), conferirà più trasparenza ai costi sanitari, contribuendo così al loro controllo. Uno fra gli obiettivi della riforma consiste inoltre nella valorizzazione della medicina di famiglia, con migliori retribuzioni, in modo da contrastare la carenza di medici di base e di pediatri.
I lavori in vista del nuovo modello “sono stati fortemente accelerati negli ultimi mesi dai partner tariffali”, portando così ad una “soluzione largamente sostenuta”, si legge in un comunicato diffuso a inizio serata dall’Organizzazione per le tariffe mediche ambulatoriali (OTMA). Tutto risolto, allora? In realtà, come precisa la stessa nota, lungo il percorso verso il Tardoc c’è ancora un’incognita: ed è quella rappresentata da un referendum lanciato da dei medici all’interno della propria organizzazione, contro la decisione dell’assemblea dei delegati della FMH. Pronunciarsi spetterà ora alla cosiddetta Camera medica, che rappresenta un po’ il “parlamento” della FMH. E un “no” rimetterebbe tutto in discussione.