A partire dal 2023, le dogane svizzere richiedono ai musei di pagare dazi proporzionali al valore di mercato corrente per le opere non esposte in modo permanente. Finora l'importazione di opere d'arte da parte dei musei era esente da imposte.
L'Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (UDSC) ha confermato che diversi uffici doganali hanno inviato a inizio anno lettere ai musei, nelle quali chiedono che siano esposte in modo permanente le opere importate. In caso contrario, sono chiamati a pagare una tassa.
Questa imposta rischia di creare problemi finanziari ai musei. Gran parte delle loro collezioni non è infatti esposta in modo permanente, ma in deposito. Stando a quanto calcolato, un museo dovrebbe pagare, per un dipinto di Picasso acquistato in Francia nel 1960 per 100'000 franchi e immagazzinato, 770'000 franchi, se il suo valore di mercato attuale è di 10 milioni di franchi.
La modifica della prassi doganale sarebbe inoltre contraria a una convenzione Unesco del 1953, secondo cui l'unica condizione per un'importazione esente da imposte è che le opere non vengano rivendute. I musei d'arte svizzeri si attengono attualmente a questa norma. La dogana ha però posto la condizione di esposizione al pubblico in modo permanente e durante gli orari di apertura. La maggior parte dei musei non può soddisfare questo requisito per una carenza di spazio espositivo.
Infine, il requisito contraddice anche la missione pubblica dei musei di fungere da memoria culturale e di raccogliere opere anche senza che siano esposte in modo permanente. L'Associazione dei musei d'arte svizzeri ha definito la nuova misura una "catastrofe".
Notiziario 16.00 del 09.04.2023
Notiziario 09.04.2023, 16:10