Un "piano B" per la Riforma III

Tutto è davvero da rifare, sul fronte della riforma della fiscalità delle imprese. Il "no" popolare di domenica ha sancito un secco affossamento per il progetto elaborato dalle Camere. Resta però sul tappeto la necessità di procedere ad una revisione normativa. A imporla sono in ogni caso i nuovi standard internazionali in materia, cui la Svizzera deve in qualche modo adattarsi. Che caratteristiche dovrà allora avere per risultare compatibile con questi parametri, ma anche accettabile per la popolazione?

Mentre il Governo non è su questi aspetti ancora entrato nei dettagli, si può chiamare in causa proprio il campo che ieri ha visto prevalere, nelle urne, le proprie argomentazioni contro la Riforma III.
Sergio Rossi indica in proposito tre possibili direttrici d'azione: procedere alla soppressione degli
statuti speciali per imprese straniere e holding; adoperarsi affinchè chi fa impresa in Svizzera possa sviluppare anche un
approccio all'innovazione e alla solidità delle finanze pubbliche; coniugare, infine, la riforma dell'imposizione con la
piazza finanziaria. "
In Svizzera chi fa finanza guarda spesso fuori dai confini nazionali, trascurando il territorio svizzero", osserva Rossi su quest'ultimo specifico punto. Si tratta allora di fare in modo che "
chi fa finanza possa sostenere chi fa impresa nell'interesse collettivo", sottolinea il docente di macroeconomia all'Università di Friburgo.

Tagli alle aliquote per le imprese non devono insomma tradursi in utili "parcheggiati" sui mercati finanziari, senza alcun beneficio per l'economia reale, ma risultare produttivi sui versanti della creazione di ricchezza, dell'occupazione, delle entrate per le casse pubbliche. Intanto, però, la bocciatura della Riforma III farà perdurare una fase di incertezza normativa. Quanto è concreto il rischio di pressioni o contromisure dall'estero nei confronti della Confederazione, per forzarle la mano?

L'UE ha già reagito, preannunciando che valuterà con gli Stati membri le iniziative da intraprendere dopo il voto di ieri. "
Arriveranno forse delle pressioni dall'OCSE, per fare in modo che si attui questa riforma entro il 2019", osserva quindi Rossi, aggiungendo però che le pressioni maggiori potranno provenire da ambienti industriali già radicati in Svizzera, attraverso la minaccia di "
dislocare una parte delle loro attività, quelle più remunerative, verso altre destinazioni e in particolare verso gli Stati Uniti". L'
Amministrazione Trump, infatti, si mostra propensa ad adottare una politica di aliquote attrattive per gli investimenti d'impresa.

La politica è intanto chiamata a elaborare al più presto un nuovo quadro normativo, tenendo inoltre conto dei tanti timori, per i riflessi sulle casse pubbliche e sulla socialità, che hanno senz'altro contribuito alla bocciatura della Riforma III. Elementi che, secondo Rossi, possono anche spiegare il "sì" di misura espresso ieri dal Ticino in controtendenza rispetto al dato nazionale. "Credo che in Ticino, come anche nel canton Vaud, abbiano prevalso di misura i 'sì' per il fatto che in questi due cantoni gli Esecutivi avevano proposto di accompagnare la Riforma III con misure di carattere sociale", sottolinea in proposito l'economista ticinese.

Alex Ricordi